Il mercato di tutti

Birà Food è il primo caso di commercio alimentare al dettaglio collaborativo in Umbria. E se diventasse un modello?

Birà Food Coop è il primo mercato collaborativo a Perugia e in Umbria nato dall’unione di un gruppo di persone, tra cittadini, associazioni e piccoli produttori agricoli locali, che condividono un progetto comune di rigenerazione urbana economica e sociale nel quartiere di via Birago. L’iniziativa imprenditoriale, avviata da un anno e mezzo circa da MenteGlocale aps, Cap 06124 e Coscienza Verde in collaborazione con Cia (Confederazioni Italiana Agricoltori), Università di Perugia e Diocesi, si basa su un modello di cooperazione tra produttore e consumatore e segue alcuni principi fondamentali dell’economia circolare, consapevole e sostenibile: eco-consumo, eco-prezzo ed eco-compenso di volontari e dipendenti. Birà è una realtà che tra promotori, soci fondatori e membri della cooperativa, coinvolge circa trecento persone organizzate in sottogruppi (comunicazione, approvvigionamento, amministrazione, ricerca, sviluppo): ognuno, con la propria professionalità, la propria creatività o semplicemente il proprio contributo da cittadino, partecipa attivamente all’implementazione del progetto.

Daniele Bacchettini, residente attivo nel quartiere e presidente di Cap 06124, è uno dei responsabili della comunicazione del progetto, e ci descrive come si è sviluppato nel tempo: “La prima iniziativa di Cap 06124 risale al 2019 circa attraverso la creazione dei Gruppi di acquisto solidale (Gas) nati dall’esigenza di distribuire la spesa alle persone che non potevano uscire di casa durante la pandemia Covid. Dopo un primo periodo di organizzazione informale, i Gas si sono strutturati in tempi e luoghi precisi per ordini e consegne, diventando un punto di riferimento per la comunità e per i residenti delle zone limitrofe. Dopo la chiusura definitiva dell’unico supermercato presente nel quartiere, insieme a Menteglocale e Coscienza Verde abbiamo pensato di chiedere la disponibilità dei locali di proprietà della Curia in piazza Birago per la creazione di una Food Coop, sulla scia di città come Bologna o Ravenna ma con delle piccole varianti”. L’idea era quella di una cooperativa sociale pensata non solo per i soci del progetto ma anche come possibilità, rivolta a tutti i cittadini, “di accedere a una selezione di prodotti preferibilmente locali e biologici per un consumo più etico e sostenibile, ma anche provenienti da alcuni comparti della Gdo per garantire una fruizione più inclusiva possibile”.

Abbiamo parlato anche con Giordano Stella, uno dei soci fondatori e fautore del progetto, che attualmente si occupa della linea di approvvigionamento dei prodotti alimentari: “L’idea nasce da anni di impegno nel campo della sovranità alimentare e della ricerca di soluzioni alternative per il cibo. Un sogno che prende vita anche grazie alla collaborazione di diversi attori locali e associazioni con la stessa volontà di cambiamento. L’iniziativa non è solo economica ma ha appunto un fine sociale, vuole promuovere una trasformazione culturale attraverso la creazione di una filiera alimentare di prossimità”.

Birà Food Coop, che aprirà presumibilmente a maggio, offrirà diverse tipologie di prodotti tra cui molti biologici provenienti da piccole aziende locali. Come sottolineato da Stella, “l’obiettivo è fornire un’alternativa economica e sostenibile rispetto ai tradizionali supermercati, spesso legati a filiere incentrate sul profitto e pratiche poco sostenibili. I prodotti saranno scelti con attenzione per garantire qualità e rispetto per l’ambiente ma si troveranno anche generi alimentari accessibili a tutti, perché non vogliamo essere un supermercato di nicchia”.

Ciò che rende questo progetto ancor più interessante è il suo modello organizzativo: una cooperativa di tipo sociale e comunitario, in cui le decisioni vengono prese attraverso un processo di democrazia diretta e partecipata. Ogni socio avrà la possibilità di partecipare attivamente alla gestione del supermercato. “Si prenderanno decisioni condivise, dall’approvvigionamento dei prodotti alla gestione quotidiana dell’attività. In particolare, la cooperativa adotterà un modello sociocratico basato sull’assenso, dove ogni socio è chiamato ad accettare una proposta anche se non pienamente soddisfatto, se questa rispetta i principi fondamentali su cui è stato costruito il progetto. Questo sistema ha lo scopo di mantenere alta la partecipazione e di evitare dinamiche che appesantiscano il processo decisionale”, spiega Giordano.

Oltre a garantire prodotti di qualità a prezzi sostenibili, Birà Food coop sarà anche un centro di formazione e sensibilizzazione dove tutti i soci saranno coinvolti in corsi di formazione su come partecipare attivamente alla vita democratica della cooperativa e come riconoscere il valore dei prodotti alimentari. Allo stesso tempo saranno organizzati degli eventi in-formativi aperti alla comunità dove si potranno apprendere buone pratiche legate al consumo etico e sostenibile.

La cooperativa è stata ufficialmente registrata a gennaio con 26 soci fondatori. Sarà gestita da 2-3 dipendenti e da soci volontari che contribuiranno al suo funzionamento: ogni socio dovrà dedicare almeno tre ore al mese al volontariato, idea che vuole abbattere i costi di gestione e favorire il coinvolgimento attivo dei cittadini.

Linda Fioriti, una dei ventisette soci della cooperativa, ci ha spiegato che pur non vivendo in via Birago è stata colpita dalla natura del progetto e ha deciso di aderirvi anche per la sua affinità con il suo background formativo e professionale. Linda, infatti, si occupa di analisi delle filiere agroalimentari e si è avvicinata all’iniziativa frequentando Pop Up, centro culturale del quartiere: “Queste sono cose che mastico, che conosco e di cui mi occupo da molti anni per formazione e per lavoro. Sono venuta a conoscenza del progetto attraverso il passaparola, ho saputo che sarebbe stata organizzata la proiezione di un documentario intitolato Food-Coop, in cui veniva raccontata l’esperienza del Park Slope Food Coop, il primo esperimento americano di cooperazione alimentare. Dopo la proiezione, hanno spiegato che sarebbe stato possibile creare un’iniziativa simile nel territorio e mi è sembrata un’opportunità interessante, per questo ho deciso di aderire”. Anche Linda si occupa dell’attività di approvvigionamento, ovvero di selezionare i diversi fornitori che riempiranno gli scaffali del negozio: “Questo ambito mi appassiona molto perché è un aspetto che influenzerà notevolmente l’identità del progetto. Credo sia anche un modo di fare ‘politica’ dal basso, perché proviamo a rivitalizzare un quartiere in modo innovativo e aprendoci alla comunità”.

Paolo Piazza, invece, abita a Perugia, città che ama e che attraversa spesso a piedi. Da pochi anni ha scoperto il quartiere di via Birago, descrivendolo come un luogo di mezzo delle sue passeggiate tra casa e il centro storico, il luogo di riferimento urbano dove ha la possibilità di dedicarsi alle sue passioni, dalla lettura delle sue poesie alle presentazioni di libri o eventi.

Ex fisioterapista in pensione, Paolo ha posato il suo sguardo curioso sul progetto, con particolare attenzione alle generazioni più giovani della sua: “La caratteristica più bella che ho incontrato in questa realtà è lo scambio intergenerazionale dove ognuno può mettersi a disposizione per il bene comune. Ho notato quanto i giovani siano incuriositi dalle storie e dalle esperienze di chi, come me, ha potuto vivere in un tempo fatto di risposte più immediate e meno precarietà. Nello stesso tempo le persone della mia età si fanno trasportare da un vento nuovo e fresco. In questo clima di ascolto e rispetto le differenze accorciano le distanze e si trasformano in risorse”.

Don Luca Delunghi è il parroco del quartiere e si interessa a tutto ciò che riguarda le attività di riqualificazione nate negli ultimi anni intorno alla sua parrocchia, tra cui Birà: “Sostengo il progetto perché credo che sia un ulteriore stimolo per costruire dei ponti tra le persone: la concretezza delle relazioni è l’aspetto che più mi sta a cuore e che potrebbe permettere, non solo agli abitanti del quartiere ma a tutta la città, di sentirsi appartenenti a uno spazio aperto a tutti, di tutti, una comunità in cui poter entrare ma anche restare”.

Quello che Birà Food Coop vorrebbe trasmettere, in definitiva, è una vera e propria visione che potrebbe gettare un seme per ispirare altre realtà a intraprendere un percorso simile, contribuendo a un cambiamento più ampio nel panorama sociale ed economico della nostra città.

Ilaria Montanucci e Marta Poli