Il cibo che unisce. Una cena nel carcere di Capanne

Golose Evasioni è l’esito del corso per Adetto alla cucina curato da Frontiere Lavoro. Si è svolto il 20 ottobre. Ci siamo stati anche noi

Abbiamo già parlato, tempo fa, del prezioso contributo che la cooperativa sociale Frontiera Lavoro svolge, all’interno del carcere di Capanne, attraverso la gestione del progetto “Opportunità lavorative professionalizzanti”, finanziato dal Ministero della Giustizia.

Questa volta lo facciamo da una prospettiva differente, come ospiti della settima edizione della cena di gala a scopo benefico “Golose Evasioni”. Si è tenuta il venti ottobre scorso all’interno della casa circondariale maschile e ha avuto come protagonisti diciassette allievi del corso per “Addetto alla cucina” in collaborazione con i docenti chef Ada Stifani, Antonella Pagoni, Catia Ciofo, Donatella Aquili, Daniele Guerra e Paolo Staiano, nonchè con lo chef stellato Marco Lagrimino e il maitre Antonio Libonati.

Sembra di essere in un dipinto surrealista di Magritte mentre avanzo a piedi verso la casa circondariale maschile: la mia percezione si fa mano a mano più incerta e si ribalta, in bilico tra realtà e fantasia. Lo sfondo buio intorno all’edificio fa da cornice alle finestre da cui proviene una luce fioca. Qualcuno, al di là delle sbarre, si affaccia, altri salutano, qualcun altro ringrazia. Sagome di sconosciuti che stanno per andare a letto, suppongo, mentre a pochi metri di distanza qualcun altro, tra loro, sta cucinando per noi. Un senso di colpa mi attanaglia lo stomaco mentre sento tutto il peso del mio corpo invadere uno spazio che non mi appartiene, gli sconosciuti, là in mezzo, siamo noi.

Mi illudo che, come tutte le percezioni, anche questa svanisca presto appena varcherò la soglia della sala allestita a festa. Duecento persone, musica, tavoli decorati e un menù gourmet che ha come tema il viaggio: sembra un gran bel viaggio infatti quello che si apprestano a intraprendere i ragazzi in mezzo a un pubblico così vasto, a cui non sono di certo abituati; un cammino impegnativo che li rende ansiosi nel voler dare il meglio e nel cercare di lasciare indietro alcuni fardelli del passato; un percorso di 200 ore di lezione iniziato nel laboratorio di cucina all’interno del complesso penitenziario e guidato da chef professionisti.

Sono emozionati e iniziano a sciogliersi solo a fine serata quando salgono sul palco a ritirare i loro attestati e a ricevere gli applausi del pubblico evidentemente commosso. A parlare, oltre a loro, molti rappresentanti delle istituzioni, dalla direttrice della casa circondariale Bernardina Di Mario alla presidente della Provincia Stefania Proietti fino al corpo di Polizia penitenziaria. Incrocio uno dei cuochi, Daniele Guerra, che oltre alla passione per la cucina è anche un educatore professionale: “Il cibo unisce, cucinare è un privilegio perché è un lavoro di squadra, aiuta a comunicare e a evitare discordie; ho cercato di insegnare ai ragazzi che, come nella vita, la semplicità è la strada migliore da percorrere anche in cucina, non servono troppe acrobazie per tirare fuori il meglio. Ci tengo a dire che, anche se non è sempre facile, mentre lavoro con i ragazzi cerco di mettere da parte la mia professione di educatore evitando troppi sentimentalismi. Questa è stata la classe migliore che io abbia mai avuto e come in tutte le esperienze formative in cui il rapporto non è mai unidirezionale, anche io ho avuto l’occasione di arricchirmi. I ragazzi erano molto motivati e concentrati, in carcere imparano quella pazienza e quella dedizione che spesso noi che stiamo fuori abbiamo perso; viviamo spesso una vita frenetica e i rapporti umani sembrano sempre più sterili e demotivanti, perciò questa esperienza è stata un vero scambio in cui ho riscoperto la piacevolezza dello stare insieme, di apportare il mio contributo a chi è in difficoltà, di capire quanto è necessario creare dei fili tra questa dimensione e il mondo esterno. Sono molto grato a Frontiera Lavoro e in particolare a Luca Verdolini e tutti gli assistenti con cui ho lavorato”.

Durante il tragitto di ritorno mi accompagnano le parole della poesia di Baudelaire Le voyage (Il viaggio) con cui l’attrice Emanuela Faraglia ha aperto la serata:

Per il ragazzo, amante delle mappe e delle stampe, l’universo è pari al suo smisurato appetito.

Com’è grande il mondo al lume delle lampade!

Com’è piccolo il mondo agli occhi del ricordo!

Ma i veri viaggiatori partono per partire; cuori leggeri, s’allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire e, senza sapere perché, sempre dicono: Andiamo!

Destino singolare in cui la meta si sposta, se non è in nessun luogo, può essere dappertutto;

l’uomo, la cui speranza non è mai esausta, per potersi riposare corre come un matto!”.



Marta Poli