Cronaca di un corso con i ragazzi. Per imparare a guardare la realtà con altri occhi
Un corso di tecnica del fumetto non è un corso di disegno. Ognuno di noi sa disegnare, meglio o peggio sono valutazioni non oggettive. Oggettivo è che il fumetto utilizza il disegno a fini narrativi, e quindi in questo ambito un disegno non deve essere necessariamente “bello” o “meglio” ma piuttosto essere efficace. Ovvio che avere una certa predisposizione e passione aiuta, visto che si deve raggiungere uno standard minimo di comunicazione. Più che imparare a disegnare per poi realizzare una storia a fumetti, è più interessante rovesciare il discorso e “realizzare una storia a fumetti per imparare a disegnare”. Questo metodo, a primo avviso spiazzante, si è dimostrato particolarmente efficace. Se infatti comunemente si pensa che sa disegnare chi è un buon osservatore, in realtà si diventa osservatori se si pratica il disegno, una disciplina che cambia il modo in cui guardiamo il mondo. Tenere un corso di tecnica del fumetto con ragazzi e ragazze in età preadolescenziale oggi può sembrare anacronistico, visto che, in genere e contrariamente alle generazioni precedenti, questi non leggono fumetti. Al contrario e forse proprio per questo l’operazione è interessante e stimolante; i ragazzi comunque consumano altri tipi di narrazioni, ma sempre molto “veloci” e necessariamente più per immagini che a parole. Proporre loro di comunicare con un linguaggio ibrido di immagini e parole li coinvolge, soprattutto se si riesce a farli lavorare su narrazioni che li intrigano, senza imporre tematiche e senza inserire seconde finalità “didattiche” come succede il più delle volte quando i laboratori sono tenuti all’interno di istituzioni scolastiche.
Il seminario che si è tenuto quest’anno nei locali della Biblioteca comunale Pompilj di Magione nell’ambito del progetto Tralci ha visto una nutrita partecipazione di giovanissimi di ambo i sessi, comportando inevitabili difficoltà (legate alla disomogeneità dei partecipanti), ma i risultati ottenuti sono soddisfacenti. Si è notato come, in linea di massima, soprattutto i maschi siano più fortemente influenzati dai videogiochi e dai “cartoni animati”, mentre le ragazze si portano dietro più esperienze di lettura (sempre semplificando molto dobbiamo tener conto in ogni caso che al di là dell’età anagrafica le partecipanti di genere femminile sono un po’ più “mature”). L’invenzione narrativa è l’essenza stessa del gioco; i videogiochi simulano una libertà creativa, offrendo numerose soluzioni, e inevitabilmente diventano, in questa fascia d’età, un modello narrativo, quindi tutte le situazioni inventate, in particolare dagli allievi di sesso maschile, rispondono al meccanismo del combattimento o delle prove da superare. Si cerca quindi di suggerire che esistono altri modelli e di liberare un po’ di più la fantasia.
Dal punto di vista del mero strumento che è il disegno in questo contesto, si lavora sulla comunicazione, più che sull’estetica, sulla quale chi andrà avanti mantenendo la passione potrà cimentarsi maturando. Il lavoro si è avviato con lezioni laboratoriali sulla progettazione grafica di un personaggio generico, quindi sulla sua caratterizzazione e sulla rappresentazione di espressione, gestualità, movimento. Sono stati presentati rudimenti sulla rappresentazione grafica dell’ambiente, senza arrivare a nozioni di prospettiva. Sono stati analizzati, per quanto intuitivi, i codici grafici specifici del fumetto, quali la suddivisione in vignette, il balloon (le “nuvolette”), le onomatopee, le linee cinetiche. Si è poi lavorato, seppure in maniera semplificata, sul concetto stesso di “sequenza”.
Risulta sempre interessante vedere come ogni soggetto partecipante si porti dietro un piccolo (data l’età) background culturale, spesso con un forte bisogno di condividerlo. L’interazione tra i partecipanti è complessa, ma le idee e le suggestioni dei più propositivi contaminano il lavoro degli altri. Smontare con loro un meccanismo narrativo, al di là del divertimento, getta un primo seme di sguardo critico sulla comunicazione non solo a fumetti ma comunque per immagini.
La chiusura di questi laboratori corrisponde in genere alla confezione di una specie di “saggio finale”, che può essere una pubblicazione o una mostra. Realizzare una pubblicazione avrebbe comportato la necessità di far lavorare tutti i soggetti su un unico progetto, limitando fortemente la libertà creativa dei singoli e certamente obbligandoli spesso a lavorare su argomenti per loro non interessanti, quindi si è preferito organizzare un’esposizione, pur consci che la finalità della narrazione a fumetti non è quella di essere appesa a un muro, ma comunque consentendo a ognuno di confrontare il proprio lavoro con quello degli altri, operazione non scontata.
Ogni volta tenere un corso con ragazzi è un’esperienza nuova, faticosa ma ricca di stimoli. Un’attività che consiglierei, mette alla prova la pazienza ma fornisce occasioni di riflessione sul comunicare, forse la più nobile e complessa delle attività umane.
Claudio Ferracci
Direttore della Biblioteca delle Nuvole
biblioteca comunale dei fumetti di Perugia