La tazza, la piazza

Le energie  sotterranee di via Birago

Il quartiere sta vivendo una stagione di grande vitalità. Tra nuovi locali, associazioni e un modo inedito di intendere la vecchia vocazione popolare

Lasciandomi alle spalle il centro storico di Perugia mi incammino a piedi verso la stazione di Fontivegge, percorrendo via XX Settembre. Mi addentro lungo un camminamento che da via della Pescara scivola indiscreto tra le case popolari di via Fratelli Rosselli, piccole ma, almeno all’apparenza, a misura d’uomo. Sono le sette di sera di un timido ma sereno sabato di maggio in era pandemica, timido quasi quanto me ad aggirarmi così furtiva tra palazzi per me sconosciuti. Oltrepasso un cartello con scritto “vendesi” – non il primo che noterò – e mi ritrovo in via Birago. Proseguo a sinistra, e improvvisamente si scopre davanti ai miei occhi un’inaspettata piazza semicircolare con una pavimentazione colorata, incorniciata ai bordi da due svettanti blocchi di palazzi dalle facciate gialle e rosa. Pieni di finestre. Sono edifici progettati e costruiti nel 1936 dal perugino Carlo Cucchia per l’Istituto Autonomo Case Popolari, secondo i canoni e i principi dell’architettura razionalista: utilità e funzionalità. Ma anche qualità. Testimoni della prima espansione della città operaia, posizionati tra il feltrificio Purgotti di via Fonti Coperte e la Perugina di Fontivegge, oltre un centinaio di appartamenti destinati alle classi popolari e medie del tessuto perugino allora in crescita. Oggi abitati per lo più da anziani e, ultimamente, anche da giovani famiglie con bambini.

Entrambi i lati della piazza ad esedra – che ufficialmente non ha ancora un nome – sono pieni di tavolini. Al piano terra dell’edificio sulla sinistra dal 2017 si trova infatti Sud – osteria popolare. Nell’edificio di destra c’è invece POPUP, che è insieme libreria, bar e spazio sociale, aperto solo da poche settimane ma già ampiamente frequentato. In uno dei primi fine settimana di riapertura dei locali la piazza è piena di persone, principalmente giovani, mentre un nutrito gruppo di bambini scorrazza tra i tavoli. I più audaci di loro si arrampicano sopra a una particolare scultura posta quasi al centro dell’emiciclo che ricorda un calice, una tazza o un grande bicchiere: forse un omaggio al rito dell’aperitivo, all’Italia da bere? Qualunque sia la sua funzione ha una forza totemica: impossibile non farci caso.

Foto di Mg2 Comunicazione

Incuriosita da questa scultura scopro nei giorni seguenti, grazie ad alcuni abitanti e frequentatori del quartiere, che si tratta in realtà di una fontana, ormai spenta da molti anni per un grave problema d’infiltrazioni. Sarà forse una fontana quiescente?
Pochi la ricordano effettivamente in funzione. Molti chiedono di ripristinarla o in alternativa di abbellirla con della vegetazione, utilizzando la sua coppa come un vaso dove inserire fiori e piante rampicanti, anche per dare un po’ di frescura a una piazza molto torrida in estate.
Irene, che adesso ha trent’anni, in via Birago ci veniva soprattutto da piccola a trovare la famiglia degli zii e a casa della nonna, “a inzuppare macine nel latte e guardare soap opere”. La coppa della fontana le ricorda un tulipano gigante. “Le persone si siedono sul basamento circolare: è a tutti gli effetti usata come panchina, come punto d’aggregazione”. Daniele Bacchettini, storico abitante e presidente dell’associazione di quartiere CAP 06124 – costituita formalmente due anni fa e composta principalmente da giovani tra i trenta e i quarant’anni, parte della rete di associazioni che hanno in gestione lo spazio Ater dove ora si trova POPUP, – mi racconta che il gruppo di CAP ha utilizzato in varie occasioni la fontana come base per realizzare delle istallazioni: “Per esempio a Natale o il 26 novembre per la giornata contro la violenza sulle donne: è un po’ anche il simbolo del quartiere”.
Proprio di fronte, dall’altro lato della strada, si trova la scuola primaria Giovanni Cena. All’uscita da scuola la piazza si riempie. E, se alla fontana manca l’acqua, non pare accada la stessa cosa da POPUP. “Penso che la nostra presenza abbia permesso ai bambini di utilizzare molto di più questo spazio – dice David Meghini, collaboratore del progetto POPUP – Genitori e nonni vengono qui a prendersi un caffè, i bambini entrano, chiedono un bicchiere d’acqua poi si mettono a disegnare o a sfogliare i libri: abbiamo creato un angolo apposta”. Per Raffaella, titolare di Sud, è molto grave che la fontana non funzioni: “L’acqua è il grande assente di questa fontana. Da quando sono arrivata qui, in questi cinque anni, non l’ho mai vista in uso. A me piace chiamarla Fontana Minore”.

 

La fontana, come mi spiega il suo autore, l’architetto e scultore Paolo Lattaioli – responsabile della sezione Centri storici del Comune di Perugia negli anni Ottanta, nato e cresciuto nel quartiere di via Birago – è stata effettivamente progettata traendo ispirazione da quella di piazza IV Novembre, della quale, procedendo per analogia, “è un’esplicita citazione a livello urbanistico”. Leggermente spostata verso sinistra rispetto all’asse stradale, come quella Maggiore. “C’è in qualche modo una certa somiglianza con Corso Vannucci. Al posto del duomo, di fronte alla piazza di via Birago, si trova la chiesa dei Santi Biagio e Savino”, costruita a fine anni Cinquanta su disegno di Dino Lilli. Il richiamo al “salotto buono dei perugini”, luogo simbolico della città, risiede soprattutto nella sua funzione: una piazza concepita, seppur nel suo piccolo, come luogo di aggregazione, con un forte valore sociale. Un tempo, negli anni del secondo dopoguerra, teatro di un acceso confronto politico tra partiti, come testimoniavano gli stemmi impressi sui muri dei palazzi, purtroppo non più visibili oggi: sulla facciata di sinistra la falce e il martello, su quella di destra lo scudo crociato.
Negli anni Duemila, però, era diventata un parcheggio. Inoltre le facciate degli edifici del ’36 erano molto malandate, non essendo mai stata fatta una manutenzione: “Erano tutte scorticate, sembrava avessero la lebbra”, racconta l’architetto. Nel frattempo il quartiere, principalmente residenziale e un tempo molto popolato si era progressivamente svuotato: chi aveva potuto era andato altrove. Per intervenire il Comune attuò un piano urbanistico per la riqualificazione dell’area di via Birago, approvato nel 2002 e affidato a Lattaioli. I lavori, durati circa quattro anni, tra il 2004 e il 2008, riguardarono il rifacimento delle facciate dei palazzi, alcuni interventi sul verde pubblico, come ad esempio la manutenzione del cosiddetto “campetto”, piccola area verde racchiusa sul retro delle case popolari della stessa via. Ma soprattutto l’obiettivo era restituire un uso pedonale e pubblico alla piazza, prevedendo un parcheggio su più livelli nello spazio sottostante l’attuale chiesa, poi mai realizzato per mancanza di fondi. Così come non sono più stati realizzati gli ascensori interni agli edifici. Un progetto complesso rimasto perciò incompleto, mutilato, di cui il bizzarro ascensore rosso che svetta oggi sulla piazza e che non porta da nessuna parte – non avendo mai funzionato – è in qualche modo la testimonianza più evidente. Anche la fontana stessa, costruita contestualmente alla piazza e inaugurata nel 2008, non funziona più. L’architetto Lattaioli, molto affezionato a quest’opera – “La coppa l’ho realizzata nel mio studio. Adesso passo a trovarla, con dispiacere perché la vedo muta” – si dice ben disposto a collaborare per un suo restauro o per un suo ripensamento, purché non venga meno il suo valore sociale. “Se non funziona una fontana al centro di una rotatoria, pazienza. Ma una fontana in un quartiere pieno di gente ha una sua importanza”. Ad oggi l’amministrazione comunale ha un paio di ipotesi in cantiere riguardanti il ripristino della fontana: “Si tratta di due progetti in fase di valutazione che dovranno essere poi concertati con la popolazione”, spiega l’assessore comunale alla Partecipazione Gabriele Giottoli. “C’è un impegno per realizzare una di queste proposte anche perché la fontana si trova in un quartiere che si sta in qualche modo rilanciando da solo: pian piano sta riacquisendo una sua dignità”. Nato e cresciuto in zona, dopo molti anni trascorsi fuori Perugia, tre anni fa Giottoli sceglie di tornare a vivere nel quartiere, acquistando casa proprio in piazza Birago. “Sono molto felice di questa scelta. Negli ultimi anni c’è stato un cambiamento notevole. C’è una certa voglia di vivere il quartiere, ci sono numerose iniziative”. Una nuova vitalità non solo testimoniata ma anche vissuta in prima persona: “A ottobre dell’anno scorso abbiamo lanciato una tre giorni molto ricca e variegata: Via Birago & Friends, con una serie di eventi che hanno avuto luogo nella piazza. Da lì poi ha riaperto l’alimentari di fronte, ha preso slancio il Gruppo d’Acquisto Solidale promosso da CAP e tutt’ora attivo, e molte altre cose. La socialità e l’aggregazione sono motori fondamentali”.
Forse la fontana non si è del tutto prosciugata, forse l’acqua non si è veramente fermata. Scorre sotterraneamente, in attesa di riemergere. Come le energie di questo quartiere.