La vita in un trick

In piazza del Bacio adesso c’è uno skatepark che Perugia aspettava da tempo. E la scena cittadina è esplosa

Un bambino sui dieci anni stringe in mano la tavola da skate e non riesce a nascondere la sua emozione: “Non ero mai stato in un vero skatepark!”, dice al padre che nel frattempo sta allacciando i pattini al figlio più piccolo. In realtà lì i pattini non si potrebbero usare, ricorda un pannello poco distante da loro, perché quella è un’area riservata allo skateboard. “Guarda, sono riuscito quasi a saltare!”. Anche Perugia, finalmente, da novembre 2020 ha il suo primo skatepark pubblico, realizzato a Fontivegge con i fondi del Piano Periferie, in mezzo a un’area verde inutilizzata a fianco di piazza del Bacio. Proprio dove il progetto di Aldo Rossi prevedeva un teatro, mai edificato, bambini, ragazzi, giovani e meno giovani mettono in scena le loro performance su tavola. Le ruote scivolano sopra al cemento, giù dalle rampe, consumano le strutture. Le tavole sbattono a terra, risuonano tra le architetture metafisiche della piazza. Come i treni nella notte gli skater scivolano lungo binari invisibili che conoscono solo loro, nella loro isola rettangolare circondata dal traffico senza sosta delle macchine. Neanche i clacson li distolgono dalle loro piccole battaglie personali, quelli che in gergo si chiamano trick.

Il nuovo spazio sembra funzionare: una buona illuminazione, frequentato sia di pomeriggio che di sera, soprattutto il fine settimana. Ci sono anche molti ragazzini da soli, segno del fatto che i genitori si fidano a lasciarli lì. Per comprendere meglio la situazione incontro un gruppo di skater tra i trenta e i quaranta che di scarpe ne hanno consumate parecchie. Fra loro c’è anche Massimiliano Manneschi – trent’anni, di cui più di diciotto passati a skeitare – eccellenza dello skate perugino, conosciuto e seguito a livello sia locale che nazionale. Ci incontriamo in piazza Birago. “Io e Massimiliano ci siamo conosciuti per la prima volta proprio qui, in via Birago, fuori dalla pizzeria del Baffo. Avrò avuto quindici anni, avevo lo skate in mano, ancora mi ricordo”, dice Riccardo. “Gli ho chiesto se skeitava e lui per risposta mi ha fatto un ollie da fermo. Poi ci siamo rivisti in piazza Partigiani, al terminal dei bus: il luogo di ritrovo storico degli skater della città”. Oggi lì non ci si va quasi mai, ma negli anni Novanta e nei primi Duemila i giovani skater si erano appropriati di quello spazio urbano, ridefinendolo come loro e diventando anche una sorta di attrazione per i turisti che approdavano in città.

 

Riccardo e gli altri mi raccontano che in piazza del Bacio e dintorni si veniva anche prima della costruzione dello skatepark, “perché ci sono degli spot molto interessanti. Cioè degli ostacoli architettonici skeitabili, come ad esempio lo scalino alla base della fontana”. C’è chi viene appositamente da altre regioni per allenarsi su quello scalino. Sono in molti a essere attratti dalle strutture di Aldo Rossi: proprio qualche mese fa è passata da queste parti la redazione del magazine internazionale di skate “A Brief Glance”, con il fotografo di skate più famoso in Italia, Davide Biondani, incuriosito da alcuni spot di strada e dalle performance di Massimiliano. Al loro seguito, a nobilitare il cemento, anche due giovani talenti del team della nazionale.

Oggi lo skate è arrivato alle Olimpiadi. “Si tratta di una disciplina ampiamente riconosciuta, perciò è quasi d’obbligo avere uno skatepark in ogni città e in ogni piccolo comune”, afferma Massimiliano. E a Perugia, a parte sporadiche eccezioni, non c’è mai stato un vero e proprio spazio dedicato a questa pratica. “Sono più di trent’anni che la nostra comunità lo aspettava”. Nonostante lo skate abbia assunto sempre più un rilievo sulla scena nazionale Perugia è rimasta estremamente marginale rispetto alle altre città italiane. Senza andare a cercare riferimenti troppo lontani, luoghi storici come Milano o Torino, basta dare un’occhiata alle vicine Marche e Toscana, dove troviamo un gran numero di spazi pubblici dedicati allo skate outdoor molto attrattivi. Solo per fare qualche esempio: Fano, Osimo, Pesaro, Senigallia. O ancora Pisa, Massa, Lido di Camaiore, Arezzo. “A Perugia non si è mai potuta organizzare una competizione a livello nazionale. Andavamo a vedere i contest ad Arezzo, che è un punto di riferimento per il Centro Italia. Qui c’è sempre stata una certa scena underground ma non ha mai avuto un rilievo nazionale, proprio per la mancanza di spazi in cui potersi allenare senza sentirsi sempre additati come dei vandali”, spiega Leonardo. A qualcuno così è passata la voglia.

L’importanza dal punto di vista sociale dello skatepark di piazza del Bacio è fuori discussione: Leonardo e gli altri concordano nel dire che abbia grandi potenzialità, soprattutto per la sua valenza aggregativa. “Come punto di ritrovo funziona molto bene: dalla sua realizzazione la scena perugina è esplosa. Abbiamo avuto modo di conoscere anche le nuove generazioni. Poi la gente che passa è incuriosita e si ferma a guardare. È sicuramente un presidio sociale, occorre però investire nella sua manutenzione e nel suo ampliamento. In generale l’invito che farei all’amministrazione comunale è quello di continuare a investire nello skateboard, anche in altre aree della città”.

Il nuovo spazio di piazza del Bacio è dunque riconosciuto come una buona opportunità. Presenta però alcune criticità strutturali che il gruppo di skater intervistati ha messo in luce. Racconta Massimiliano: “Più di un anno prima della realizzazione siamo stati contattati da Francesco Boncio, l’architetto incaricato per conto del Comune di realizzare il disegno del nuovo spazio. Gli abbiamo passato tutta una serie di contatti: dalla Federazione Italiana di skate alle ditte che si occupano di produrre strutture apposite per gli skatepark. Insieme a qualche preventivo e bozza di progetto”. Il Comune però ha scelto un’altra direzione e altri fornitori. Lo spazio non è infatti pensato per un uso sportivo professionale e dunque non è adatto ad ospitare gare e competizioni a livello agonistico. Secondo Massimiliano “con lo stesso budget si sarebbe potuto avere uno skatepark completamente diverso, una struttura con una resa eccezionale”. I ragazzi, in generale, hanno dubbi sul modo in cui sono posizionate le strutture, a partire dal grande vulcano costretto in un angolo e quindi non sfruttabile appieno: “uno skatepark ben fatto deve dare la possibilità di una continuità di movimento. Ci deve essere un buon numero di ostacoli, e la possibilità di toccarli tutti utilizzando sempre la velocità guadagnata con la rampa. Non dovresti mai mettere i piedi per terra, non dovresti mai fermarti”. Se ci fosse un po’ più di spazio, poi, si potrebbe sfruttare per fare vere e proprie lezioni di skate. Il Comune di Perugia è convinto che la realizzazione dello skatepark abbia fatto molto bene al quartiere. L’assessore all’Urbanistica Margherita Scoccia ribadisce che si tratta di una struttura progettata come spazio aperto per tutti, anche per chi si vuole avvicinare per la prima volta alla disciplina. L’amministrazione comunale, spiega, è disposta a valutare eventuali modifiche e migliorie, anche tornando a confrontarsi con gli skater perugini. Il cantiere, in ogni caso, attualmente è chiuso.

In questo primo anno di vita lo skatepark ha ospitato alcune iniziative, anche se la pandemia ha complicato molto i programmi: lo spazio è stato transennato e inutilizzabile fino ad aprile. Il 21 giugno, in occasione del Go Skate Day, la giornata mondiale dello skate, in piazza del Bacio sono stati proposti dei piccoli contest tipo “il salto più lungo, il trick più difficile”, e così via, con vari premi per motivare i più giovani, coinvolgendo vari ragazzi, anche dalle regioni limitrofe. A settembre c’è stato lo Skateboard Jam, con persone da tutta la regione, organizzato dagli skater con il supporto di qualche sponsor privato. La strada è questa, i ragazzi spiegano che i contest, ad esempio, sono “molto utili e stimolanti: tutti apprendono qualcosa di nuovo, hanno molto più coraggio nel provare un trick”. Il valore aggregativo e il respiro intergenerazionale dello skate, lo ripetono continuamente, “è enorme”.

Daniele si spinge oltre: “Lo skate è uno sport ma non è uno sport competitivo, è soprattutto è uno stile di vita. È poi un modo per attribuire significati sempre nuovi allo spazio urbano: sulla panchina non ti ci siedi ma la grindi. Lo skater non skeita solo la rampa, skeita anche il gradino, la strada… skeita anche dove non dovrebbe, anche sotto casa tua dove tu non vuoi. Non ci sono confini”. La dimensione individuale e quella collettiva convivono inevitabilmente. “È un percorso che prima di tutto riguarda te stesso, i trick che riesci a fare sono le tue battaglie, le tue guerre personali. Ognuno ha il suo percorso”, dice Massimiliano. “Però il fatto di essere tutti dei soldati dell’inutile, rischiare di farci male solo per riuscire a completare quel movimento specifico, anche minimo ma complesso, ci unisce”.

Articolo di Lavinia Rosi

Foto di Mattia Cecchetti