‘Sud – Osteria Popolare’ e il nutrimento dell’immaginazione per riqualificare il quartiere di via Birago
Proprio al centro di una delle due ali architettoniche di piazza Birago, nel 2017 Raffaella Sforza e Maurizio Tarantino hanno per la prima volta tirato su le saracinesche di Sud-Osteria popolare. Un investimento molto più che monetario, intenzionalmente depositato in un quartiere periferico dalla proprietaria di questo ‘ristorante culturale’, che la proprietaria del locale descrive così: “Sud è insieme una libreria dell’usato, un luogo dove si ripristinano oggetti antichi, dove la cucina fonde artigianato e memoria”. Ma soprattutto, l’osteria ha dimostrato di essere un laboratorio della rigenerazione urbana e umana del quartiere. I proprietari di Sud hanno esplorato gli archivi pubblici della città, convinti che la memoria dei luoghi sia non solo qualcosa da valorizzare, ma da cui ripartire: “La zona di via Birago è di frequente definita come il ‘Quartiere delle Scuole’, non soltanto perché nell’area sono presenti diversi istituti scolastici, ma perché fino al ‘68 alcuni ambienti, tra cui gli stessi locali di Sud, hanno ospitato delle classi di scuola elementare”.
Anche alcuni incontri proposti dal ristorante sono stati finalizzati alla ricostruzione della storia dell’area di via Birago: “Il quartiere è stato edificato negli anni 30 e rappresenta il primo esempio di architettura popolare programmata a Perugia. A quest’opera di recupero della memoria storica hanno partecipato i cittadini, le cui testimonianze sono state raccolte dall’attore Graziano Vinti, sfociando poi in una narrazione teatrale”, ha spiegato Raffaella.
Secondo l’oste, poi, la conformazione architettonica del quartiere è nata per fare comunità: “L’emiciclo di piazza Birago si pone come un abbraccio, un’esedra teatrale che è anche il luogo della responsabilità: un bambino che gioca in questo spazio, infatti, può essere vigilato da tutti gli abitanti le cui case si affacciano sulla piazza”.
Essere proprietario di un ristorante significa soprattutto, secondo Raffaella, occuparsi di ‘ristorare le relazioni’, di facilitare l’incontro e lo scambio: “Tre anni fa ho curato il primo punto book-crossing del quartiere. Per i primi sei mesi sono stata l’unica a contribuire: una volta a settimana andavo lì e ricaricavo con libri di ogni tipo. Poi, all’improvviso, ha iniziato a funzionare, e i cittadini hanno cominciato a portare i propri libri, non soltanto a prenderli. Dietro una partecipazione che adesso appare come spontanea, quindi, c’è stato molto lavoro, molta tenacia”. Raffaella spiega la sua posizione, da lei definita ‘impopolare’, sul tema della riqualificazione: “Per me questo termine non si traduce nella dotazione di parcheggi o nel sopperimento alle urgenze infrastrutturali, quanto nel gettare i semi per far fiorire l’immaginazione, la più grande assente nelle zone di periferia. Non si può e non si deve ridurre il concetto di riqualificazione alla mera fruibilità della città fisica”.