Costruire l’abitare

Foto di David Montiel

Costruire l'abitare

L'edilizia sociale partecipata arriva anche in Umbria
Capita sempre più spesso di ascoltare storie di pensionati italiani che, pur di sfuggire a un destino miserabile, si trasferiscono in Romania, Bulgaria, Estonia, Tunisia, Kenia, Thailandia e altri Paesi del mondo dove, con una pensione da mille euro al mese, possono vivere agiatamente. Negli ultimi anni il numero di italiani all’estero che ricevono la pensione è aumentato del 40%. Si potrebbe dire che tutte queste persone, o molte di loro, hanno trovato una risposta a una domanda di housing sociale che qui, in Italia, non è stata accolta.

Housing Sociale: è da almeno dieci anni che in Italia si è affacciata questa terminologia ibrida con la quale si intende rappresentare l’offerta di alloggi e servizi abitativi, a prezzi contenuti, destinati ai cittadini con reddito medio e medio basso che non riescono a pagare un affitto o un mutuo sul mercato privato ma, nello stesso tempo, non possono accedere a un alloggio popolare. L’housing sociale, dunque, dovrebbe essere la risposta giusta per tutte quelle persone e/o nuclei familiari che hanno l’ambizione o l’esigenza di raggiungere un benessere abitativo e un livello di integrazione sociale adeguato ai propri bisogni, ma un cittadino italiano o un immigrato dove possono trovare questa offerta? Esiste un’agenzia per l’housing sociale, uno sportello, un ufficio, un luogo o una persona dove le giovani coppie, i single ma anche chi per esigenza di lavoro è costretto a spostarsi spesso, possono rivolgersi? No.

Una famiglia sfrattata, un cassintegrato che non riesce più a pagare l’affitto o il mutuo, un immigrato in fuga dalla povertà, dalla guerra e dall’orrore dove possono trovare una risposta abitativa? Le persone anziane che vivono in condizioni di crescente crisi delle relazioni sociali, che non possono godere della solidarietà familiare e che, spesso, vivono in case vecchie e prive di standard di sicurezza adeguati, come possono organizzarsi per uscire dall’incubo di restare soli, con pochi soldi in tasca al mese e senza una casa perché sfrattati o costretti a lasciarla o venderla? È lungo l’elenco delle persone che cercano risposte di housing sociale; risposte concrete e utili a migliorare la loro condizione di vita. Purtroppo mentre, ormai, dal Comune più piccolo fino alle sedi del Parlamento Europeo si discute di housing sociale in tutte le salse, l’articolazione delle risposte all’abitare, in Italia, resta sperimentale, non coordinata, emergenziale e diseguale.
L’Italia è il paese d’Europa dove si investe meno in politiche di questo genere, appena lo 0,02% del Pil e la risposta alla scarsità di risorse pubbliche, utilizzata in questi ultimi dieci anni, prevede la messa sul mercato di abitazioni a canone moderato, finanziate da investimenti pubblico-privati, con nuove modalità di gestione di tipo socio-immobiliare dato il fallimento, almeno in larga parte d’Italia, dell’esperienza di gestione degli ex Istituti autonomi case popolari (oggi Ater, Aler, Erap, ecc.). Tuttavia, anche quest’ultima risposta, mutuata dalle esperienze anglosassoni, non sta avendo l’effetto sperato per motivi, soprattutto di sostenibilità finanziaria. Per fortuna il mondo dell’economia sociale, che da sempre si confronta con il bisogno abitativo dei cittadini e delle cittadine meno privilegiati, con il coraggio e la follia che gli sono propri ha cercato in questi anni di aprire nuove strade, arrivando a portare all’attenzione pubblica progetti ed esperienze innovative di assoluto rilievo.

È quello che sta succedendo, per esempio, nei tanti progetti di Edilizia sociale partecipata che si stanno sviluppando nelle Marche, in Umbria, in Toscana e in Emilia Romagna, dove gruppi di cittadini, insieme a imprese sociali, partecipano a processi di costruzione di nuove abitazioni o al recupero del patrimonio abitativo degradato, associando gli interventi abitativi con la riqualificazione del territorio. Processi di qualità non solo edilizi ma, soprattutto, di sviluppo di comunità. Progetti ed esperienze dove la parola co-housing significa condividere luoghi e servizi, per risparmiare e vivere meglio, senza perdere il diritto alla propria privacy e alla libertà.

Gocce nel mare, se rapportate a tutte le necessità di cui abbiamo parlato sopra, ma che per un numero sempre maggiore di uomini e donne sono diventate e stanno diventando risposte concrete. Oggi, la vera frontiera delle politiche di housing sociale in Italia è rappresentata da tutte quelle iniziative che mettono al centro la biografia delle persone, il loro progetto, la loro storia.

Testo di Marco Gargiulo