Rider sui pendii

In bicicletta sui saliscendi di Perugia, dal centro alla periferia. Sono i nuovi proletari

C’è chi si muove per offrirgli forme di tutela. Ma molti di loro sono inafferrabili

Ogni rider insieme alla pizza, all’hamburger o alla pita greca, sulla sua schiena porta il peso della vita passata e presente. Sono migranti arrivati via mare o via terra, universitari che hanno la necessità di pagarsi gli studi o disoccupati che sono riusciti a trovare un impiego. Sono individui definiti lavoratori atipici e digitali. Una nuova categoria che si è affermata subito come manodopera necessaria, e molto lentamente ottiene tutele e diritti. Da Fontivegge a Madonna Alta, da via dei Filosofi al centro storico di Perugia, i rider pedalano dai ristoranti alle case dei cittadini, permettendo loro di ricevere comodamente il cibo, ancora caldo, sull’uscio della propria abitazione.

I siti delle applicazioni che si occupano di consegna di cibo a domicilio, proponendo questo lavoro, spiegano tutto, o quasi, quello che andrai a fare e come dovrai farlo. Il format è semplice e comprensibile. Devi avere un mezzo per poterti muovere, che sia una bici o un motorino o una macchina. Devi avere uno smartphone, essere maggiorenne e possedere il permesso di soggiorno. Poi non dovrai fare altro che attenerti al suggerimento Apri l’app e inizia a guadagnare. L’azienda offre un kit professionale gratuito, giacca catarifrangente e zaino termico, al quale si può aggiungere, per chi consegna in bicicletta, casco e supporto per il cellulare. Dovrai stare in attesa fino a quando un ristorante non ti manderà la richiesta di un ordine che tu potrai accettare o rifiutare, qualora la risposta fosse positiva dovrai recarti a prendere il cibo e portarlo a destinazione.

Durante la pandemia, per tutte le strade di Perugia, i rider in bicicletta sono aumentati. Quelle poche volte in cui si usciva per andare a fare la spesa, li vedevi e li vedi ancora, come parte inscindibile del paesaggio urbano. Da quel momento c’è stato il loro debutto in società, ma visto e considerato che le piattaforme non hanno fornito alcun dispositivo anti-contagio, sono stati esposti, e continuano ad esserlo, in maniera imprudente al Covid-19. Se consideriamo anche la conformazione del capoluogo umbro e che non tutti possono permettersi la bicicletta con pedalata assistita, è evidente come il loro compito sia fisicamente più faticoso.

A fronte di queste problematicità, sindacati, lavoratori autonomi e associazioni, si sono uniti per far fronte alla tutela dei loro diritti. A Perugia, come in altre città d’Italia, vedi Palermo, Napoli e Firenze, si è pensato di agire in maniera concreta. NIdiL Cgil Perugia e Udu Perugia hanno creato nel circolo Arci Il Porco Rosso un’officina sindacale. In via dei Priori 50, i ciclo-fattorini trovano un luogo deputato al riposo, durante l’attesa della richiesta di consegna. Qua possono contare sul ristoro di cui hanno bisogno, dai servizi igienici al bar, wi-fi, ricarica dispositivi, cassetta degli attrezzi, pompe per la bici e, come già specificato, uno sportello sindacale.

Luigi Leone Chiapparino, dell’esecutivo dell’Udu-Unione Degli Universitari, ci svela che l’idea era in campo da molto tempo, ma scoppiata la pandemia il lavoro è andato a rilento poiché ci sono stati problemi di organico per sostenere le attività. Per raggiungere i lavoratori hanno iniziato a fare volantinaggio per la città, in centro e periferia, e hanno aperto il canale Telegram informativo Info rider Perugia per far circolare le informazioni sulle attività che svolgeranno. Andrea Marconi, giovane sindacalista di NIdil Cgil Perugia, racconta che si è scelto Il Porco Rosso come punto per i rider perchè già forniva dei servizi rivolti all’orientamento al lavoro e all’assistenza della scrittura curriculum. Dalla pandemia in poi c’è stata la necessità di agire per i rider e su tutto il territorio nazionale ci sono state sentenze importanti a sostegno delle tesi che riguardano gli algoritmi, intesi come strumento discriminatorio. L’algoritmo è lo strumento attraverso il quale vengono assegnati i turni, anche in termini di penalità, e come ci spiega Marconi alcuni hanno un nome proprio, indicativo di una umanizzazione di qualcosa di estremamente impersonale.

Visto e considerato che la professione è svolta per strada e il datore di lavoro è un’applicazione sullo smartphone, controllata da una multinazionale da remoto, è purtroppo comprensibile che nessuno abbia come priorità la sicurezza e i diritti del lavoratore. Un trattamento limite per la dignità delle persone, che ha sollecitato gli animi verso la creazione della campagna No easy riders Perugia. Partita il 6 marzo scorso, ha visto la presenza della Cgil nella zona di Fontivegge e in via Cortonese, per parlare in prima persona con i ciclo-fattorini, conoscere la loro situazione e muoversi di conseguenza.

Le azioni di strada hanno avuto un riscontro positivo, ma resta il problema che questi lavoratori non si conoscono fra di loro. C’è una doppia difficoltà, farli incontrare tutti per arrivare a delle rivendicazioni collettive e approcciare i ragazzi stranieri, che nonostante i mancati diritti hanno trovato un’alternativa a un lavoro illegale e dunque sono grati di questa opportunità. “È per essere il più concreti possibile – dice Andrea Marconi – che abbiamo deciso di aprire lo spazio per loro. I rider sono la punta dell’iceberg di una questione generazionale, indicativa della direzione che sta prendendo il mondo del lavoro, e prima riusciamo ad accorgercene prima impareremo a contrattare con questa economia digitale”.

Un altro grande tema, poco presente nel dibattito perugino, è come valorizzare le attività locali, proponendo modelli alternativi alle multinazionali. In alcuni posti si stanno creando dei marketplace istituzionali, spazi online di commercio patrocinati dalle istituzioni, in cui il lavoratore è realmente tutelato. C’è bisogno delle istituzioni per mettere in luce il problema, perché ogni territorio ha la sue peculiarità e va trovato un modello specifico da applicare.

Questo lavoro non sparirà, continuerà a crescere, perché le abitudini delle persone sono ormai differenti. A Milano, il fenomeno dei ciclo-fattorini è diventato mainstream e Camilla Dalla Bona, rider del fine settimana, è la prima influencer della categoria. Sulla sua pagina Instagram è possibile conoscere questo lavoro nelle sue diverse sfaccettature. Dalla mancia che viene lasciata dai clienti alla loro scortesia, dalle sue tutine contro la pioggia al mancato rispetto che hanno alcuni ristoratori, certe volte il ritardo è tale da far perdere tempo e denaro. Ad ogni modo, il suo profilo è importante per rendere questi lavoratori digitali più umani, non più un esercito di robot che durante la tempesta portano da mangiare senza ricevere in cambio nessun un atto di gentilezza.

I passi avanti fortunatamente ci sono, l’App Just Eat, ad esempio, ha firmato il primo contratto per assumere i rider come lavoratori subordinati. Potranno ottenere ferie, malattie, maternità e paternità ma restano comunque molte miglia da percorrere. Per quanto riguarda Perugia, chi si è occupato del problema spera di riuscire a incrementare la discussione fra settembre e ottobre, ottenere un più forte servizio sindacale e una comunità maggiormente consapevole.