La Pescaia. Storia di un parco urbano

Prima del parco

“Quando sono venuto a vivere qui, più di cinquant’anni fa, questo spazio era pieno di cavolfiori e olivi. Erano campi coltivati dai contadini della zona. La bellezza per me stava proprio in questo: venivo qui e mi trovavo in aperta campagna, ma a due passi dagli stabilimenti della Perugina e della Colussi. Era molto comodo, vicino alla stazione, prendevo la macchina e andavo ad insegnare ad Arezzo”. Cavolfiori e industrie.

“Il parco inizialmente era un bello spazio – prosegue Eugenio Giannini, abitante della zona intorno a via Birago – ci venivamo ogni tanto, poi col tempo è peggiorato, è diventato un luogo di spaccio e microcriminalità, per noi abitanti si è fatto inaccessibile, soprattutto di sera faceva paura attraversarlo. In generale non è mai stato molto frequentato”. Una percezione diffusa tra i residenti dei quartieri limitrofi e in generale tra i perugini, uno stigma pesante e difficile da scardinare che il parco della Pescaia pare si sia cucito addosso dagli anni Duemila in poi. E pensare che un tempo c’è stato chi, proprio tra gli abitanti del quartiere, ha difeso quei terreni coltivati da una lottizzazione imminente: negli anni Settanta una mobilitazione cittadina ha convinto il Comune ad acquistare i terreni dall’immobiliare Verbanella – da cui poi il nome con il quale si è soliti fare riferimento a questa zona – per adibirli a parco pubblico. La stessa ditta che qualche anno prima,in via XX Settembre, aveva realizzato il cosiddetto “grattacielo di Perugia”, un palazzo di dieci piani coi mattoni a vista che allora doveva apparire molto alto.

Il parco

Quarantasette mila metri quadri di parco, distribuiti su più livelli e progettati negli anni Ottanta in tre fasi successive. Prima i lavori sulla parte alta, progettata in sintonia con l’ottocentesca via XX Settembre sulla quale si affaccia, trasformata in una passerella verde dotata di alberi e aiuole. Poi, a scendere, gli interventi di recupero del casale settecentesco in forte stato d’abbandono, la costruzione di gradoni e terrazzamenti e infine la realizzazione della parte bassa, dotata di un’area gioco per i bambini e di un’arena in pietra che negli anni Novanta ha ospitato una serie di eventi culturali, come spettacoli teatrali e cinema all’aperto

Niente più cavolfiori, niente più industrie. Nel frattempo la Perugina non c’era più, al suo posto il metafisico Centro Direzionale di Aldo Rossi.

Il parco della Pescaia, inaugurato nel 1989 e previsto da un vecchio piano regolatore, “nasce nel tentativo di riconnettere il quartiere di Fontivegge con l’area di via Birago e, più in alto, con quella di via XX Settembre”, mi spiega, pietra per pietra, l’architetto Alberto Corneli, al tempo responsabile della Progettazione delle Aree Verdi per il Comune di Perugia che, insieme all’allora dirigente della sezione Aree Verdi, Paolo Bori, ha curato l’intervento. “L’obiettivo era da un lato dotare di un polmone verde una zona diventata estremamente trafficata e densamente abitata, dall’altro recuperare un antico tracciato di collegamento tra via Birago e piazza delle Fonti di Veggio”, oggi un piccolissimo e quasi impercettibile slargo tra i palazzi, proprio di fronte all’omonima fonte seicentesca, un tempo – prima della costruzione della stazione, di via Angeloni e di via XX Settembre – punto d’incrocio fondamentale, snodo di merci e persone, sosta per l’abbeveramento del bestiame prima di affrontare la ripida salita verso l’acropoli.

L’asse principale del parco si sviluppa infatti lungo una strada ancora utilizzata dagli operai della Perugina, caduta progressivamente in disuso con la realizzazione di via XX settembre – la nuova grande via d’accesso alla città realizzata in epoca post-unitaria, che di quest’area ha fortemente condizionato lo sviluppo – e in parte abusivamente inglobata all’interno del giardino della limitrofa Villa Colussi, con l’arrivo del parco restituita ad una fruizione pubblica. Al posto dei cavolfiori: lecci, ciliegi, tigli, ippocastani, aceri, ligustri e molte altre specie ancora, scelte sulla base di uno studio arboreo condotto con la Facoltà di Agraria. Piante rigogliose data l’abbondante presenza di acqua nel terreno. Una zona estremamente ricca di forre, fossi, acqua surgiva. Da qui anche l’origine del nome, che qualcuno vuole legato alla presenza del torrente Pescaia, chi alla presenza di grandi vasche per la coltura di pesci, una di queste ancora piena d’acqua.

Il casale e gli usi del parco

Nel versante superiore del parco si trova una grande casa colonica la cui parte più antica risale al 1700. Probabilmente abitata fino agli anni Settanta, immaginata nel progetto dell’architetto Corneli come un centro di documentazione, un centro servizi anche a disposizione per le attività culturali del quartiere. Previsione disattesa fino al 1998, quando, attraverso una convenzione con il Comune di Perugia, gli spazi del casale sono stati assegnati a due associazioni del territorio, Ada-Associazione per i Diritti degli Anziani e Wwf, che hanno stabilito lì la loro sede, utilizzata anche come punto di ritrovo per gli abitanti della zona. Come mi spiega Sauro Bargelli, attuale membro del consiglio direttivo della sezione perugina del Wwf, la convenzione del ’98 affidava la gestione dell’intero parco alle stesse due associazioni, le quali in cambio si impegnavano nella manutenzione, pulizia e vigilanza ambientale degli spazi verdi. Negli anni successivi sono state sottoscritte poi nuove convenzioni che hanno via via ridefinito le competenze e i compiti delle due associazioni, le stesse che ancora oggi hanno in custodia la Pescaia e hanno sede nel casale.

Attualmente la maggior parte degli spazi sono assegnati ad Ada, che ha il compito della pulizia del parco e del taglio dell’erba solo nella parte bassa. Il nuovo presidente, Francesco Ciurnella, e il vicepresidente Miki Russo, mi raccontano delle numerose iniziative organizzate prima dell’arrivo della pandemia: ginnastica mentale per anziani o persone con disturbi cognitivi, caffè al parco, promozione di scambi intergenerazionali, attività di prevenzione e sensibilizzazione sulla malattia di Alzheimer in collaborazione con psicologi ed altri esperti. Oltre al coinvolgimento di altre realtà del territorio, come Asad e Libertas.

Al Wwf è invece affidata la vigilanza ambientale del parco, che significa un controllo giornaliero delle guardie ambientali socie dell’associazione. Le attività portate avanti negli anni dai volontari riguardano poi la promozione di varie forme di educazione ambientale rivolte ai cittadini. Ogni anno poi, ad ottobre, il parco ospita una giornata di “natura urbana”: un appuntamento nazionale promosso dal Wwf in collaborazione con le altre associazioni del quartiere, che quest’anno sarà dedicata al tema del recupero delle aree permeabili. La sede poi contiene una piccola biblioteca e un archivio video aperto al pubblico su appuntamento. Covid permettendo l’associazione continuerà a collaborare con altre realtà del territorio, oltre che con Ada, tra le quali la vicina biblioteca comunale Villa Urbani, le scuole del quartiere, l’associazione di residenti Il Profumo dei Tigli e l’associazione Coscienza Verde. Negli ultimi anni, poi, il Piano Periferie – il piano di riqualificazione urbana che interessa i quartieri di Fontivegge, Bellocchio e Madonna Alta – ha dedicato una serie di interventi proprio all’area del parco della Pescaia, sia da un punto di vista sociale, attraverso l’azione del Regeneration Center e dei Portieri di Quartiere, sia da un punto di vista fisico. Gli interventi più apprezzati sono stati quelli riguardanti il miglioramento dell’accessibilità, la ripavimentazione dell’asse principale e le nuove aree cani. Nei prossimi numeri di “Luoghi Comuni” avremo modo di approfondire.