Mestieri e libertà

Frontiera Lavoro è nata vent’anni fa. Ancora oggi costruisce nuove prospettive per detenuti e persone svantaggiate

Angelo, trentotto anni, occhi scuri, sguardo volitivo e pieno di parole ma anche di silenzi. Si appresta a preparare i piatti per la giornata che lo aspetta, al ristorante dove lavora. Quello del cuoco è un mestiere appassionante ma anche molto duro, prevede turni lunghi e stancanti, molta attenzione e soprattutto perseveranza. Ad Angelo sembra non mancare nulla di tutto questo e mentre lo osservo non vedo niente che non noterei in altri ragazzi, se non fosse che fino a dieci minuti prima eravamo seduti uno di fronte all’altra a parlare della sua storia: Angelo è un detenuto del carcere di Capanne da circa quindici anni, ne aveva ventitré quando è entrato, gliene restano altri quindici. La matematica spesso fa paura perché si manifesta spietata e irremovibile. Ma non sempre tutto è come appare, per fortuna.

A presentarmi Angelo è Luca Verdolini, responsabile dell’Area Giustizia di Frontiera Lavoro, una cooperativa sociale con sede a Perugia, in via Cortonese. Specializzata nella progettazione e gestione di attività di orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro e inserimento lavorativo, rivolte a disoccupati, giovani e persone svantaggiate, Frontiera Lavoro nasce nel 2001 grazie all’iniziativa di venti soci fondatori, ereditando una pluriennale esperienza sviluppatasi all’interno della cooperativa sociale Nuova Dimensione fin dal 1995. La storia di Angelo è forte, intensa, coinvolgente perché ricca di aspetti che non sempre siamo abituati a vedere o sentire così da vicino, ma anche di speranza e forza. Il suo è un esempio assolutamente virtuoso poiché attraverso Frontiera Lavoro ha iniziato un percorso che, oltre alla qualifica di chef, gli ha permesso di trovare lavoro in un ristorante vicino Perugia, Al Battibecco, dove ormai lavora da sette anni con un contratto a tempo indeterminato.

L’aria che si respira tra i colleghi è di completa armonia ed empatia, Angelo ha la stima e il rispetto di tutto lo staff, compreso il proprietario Marco Crocioni. Lo chef del ristorante nonché suo docente, Maurizio Pagoni, lo descrive come un ragazzo affidabile, preciso e colui che, tra tutti, gli ha regalato maggiori soddisfazioni, sia sotto l’aspetto professionale che umano. Ha ancora tanto da imparare, Angelo, e questo lui lo sa, soprattutto per quanto riguarda la vita che lo aspetta fuori dal carcere. Si sta facendo le ossa con molto coraggio e determinazione, quando un giorno sarà libero vorrà aprire un ristorante tutto suo e avere una famiglia. Per ora è in cammino, lungo e non facile, scandito da tappe fisse e predeterminate che lo vedono ogni mattina salire sullo stesso pullman, percorrere il medesimo tragitto dal carcere al ristorante, consapevole che le dure ore di lavoro sono l’unico soffio di libertà della sua giornata. Mentre racconta mi dice che si reputa fortunato ad aver avuto una seconda possibilità e che nella realtà da cui proviene, Salerno, non avrebbe mai avuto un’opportunità del genere: “Molti miei coetanei dalle mie parti non avrebbero questa occasione e dopo trenta anni in galera senza un aiuto concreto come quello che offre Frontiera Lavoro di certo non te ne esci migliore di come sei entrato”.

Mi parla anche senza dire niente e con il suo sguardo colmo di parole inermi e poco abituate a raccontarsi mi concede lentamente di avvicinarmi al suo passato: è sempre stato un ragazzino socievole e accomodante ma anche forte, orgoglioso e come tutti i ragazzi pieno di sogni e speranze. Faceva l’elettricista al teatro Verdi di Salerno, una vita tranquilla e serena. Ma i suoi ricordi si fermano qui, ai suoi ventitré anni, dove la sua giovinezza si è stoppata bruscamente. A colpirmi sono la tenacia nel voler proseguire il suo cammino e la volontà di riscattarsi in questa sua seconda vita che cerca di abbracciare con un profondo senso di umiltà e gratitudine.

Questi sentimenti sono gli stessi che ritrovo nelle parole di Fadhila, una donna tunisina che vive e lavora a Perugia e che mi concede il suo tempo per raccontarsi. Arrivata in Italia nel 1974 Fadhila, dalla pelle color ambra e capelli corvini, custodisce la bellezza delle terre berbere adornandosi di anelli e bracciali che si diletta a realizzare nel tempo libero. Il ricamo è sempre stato la sua passione sin da ragazza ma nei suoi dodici anni di detenzione ha rappresentato soprattutto un motivo di svago e di sana “evasione” dalla monotonia e dalla ripetitività. Anche lei, come Angelo e molti altri, ha avuto la possibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro e di conseguenza nella vita sociale. Sempre grazie a Frontiera Lavoro, che le ha permesso di apprendere diversi mestieri e di ottenere le qualifiche di aiuto cuoca e sarta, Fadhila è riuscita a intraprendere un tirocinio presso l’azienda Traversini Fashion Couture di Casa del Diavolo, a pochi chilometri da Perugia. L’azienda è specializzata nella produzione di capi di abbigliamento di pregio, essendo il gruppo Brunello Cucinelli S.p.A. tra i principali committenti, e Fadhila ha potuto trasformare la sua passione in un vero e proprio lavoro. Inserita inizialmente con la mansione di operatrice dell’abbigliamento, dopo un percorso di maturità e responsabilità, ha ottenuto il ruolo di addetta al controllo qualità raggiungendo un regolare contratto di lavoro. Questa esperienza, nonostante sia terminata per motivi personali, è stata per lei motivo di forte crescita professionale e orgoglio personale. 

Luca Verdolini in Liberi Dentro, cambiare è possibile (Cesvol Umbria Editore) spiega: “Chi lavora come noi  nel settore penitenziario conosce l’immenso valore di tali esperienze poiché sa bene che la rieducazione, a cui deve tendere la pena in base alla nostra Costituzione, non può prescindere dal reinserimento sociale e lavorativo delle persone coinvolte, che rappresentano per tutti un grande patrimonio e un ottimo investimento sociale. Non c’è recupero se non c’è una società che accoglie, integri e si prenda cura. Grazie alla Regione Umbria, attraverso le risorse messe a disposizione dal Fondo Sociale Europeo, e alla collaborazione con la Direzione, l’equipe dell’area trattamentale e il personale del corpo di Polizia Penitenziaria del Complesso Penitenziario di Capanne, Frontiera Lavoro, in oltre venti anni di attività, ha coinvolto 360 soggetti in esecuzione penale di cui 107 si sono trasformati in assunzione con regolare contratto di lavoro. Gli esempi di reinserimento andati a buon fine sono molti: uomini e donne che con motivazione e impegno, aiutati dal lavoro paziente degli operatori penitenziari e dalla collaborazione delle istituzioni e dei servizi territoriali, hanno imboccato una strada di normalità di cui siamo orgogliosi, rendendone testimonianza”.

Quelli di Angelo e Fadhila sono solo esempi di storie di vita reale che oltrepassano i racconti di cronaca che siamo abituati a leggere sui giornali. Incarnano la forza e il coraggio di persone che stanno riuscendo o sono riuscite a percorrere un nuovo cammino di rinascita personale e sociale, non privo di fatica ed ostacoli ma sicuramente fatto di un nuovo tempo e nuovo spazio colmi di soddisfazioni e speranze.

Articolo di Marta Poli

Foto di Angelo Solimeo