RèS

Rès

Scherzi di un destino ormai passato da tempo, Reggio Emilia si chiamava Reggio di Lombardia. Un “grande paese”, RÈS, Reggio.

Cittadina no, esagerato, troppo lombardo. Ma quanto è cresciuto questo grande paese. A RÈS avresti potuto mettere il tuo messaggio in una pozzanghera, la deriva della bottiglia affidata alle parole delle sue poche teste. Per di più quadrate, a quanto dicono i vicini campanilisti.

Oggi non è più così. Il tempo ha costruito edifici, i dialetti si sono mischiati. I primi forestieri sono diventati figli della città. E ad essi ne sono seguiti altri.

RÈS, città multietnica e avanguardista, amata dai suoi abitanti con orgoglio e senza ostentazione. Come una piccola Milano, ha saputo adottare e si è fatta madre di teste di tutte le forme. Non cercate snobismo, però. I cortili del centro, le sue piazze, non sono elitari salotti.

Ma chiamatela di nuovo, se volete, Reggio di Lombardia.


Testo di Andrea Morelli