“Il mondo cade a pezzi
Il gas sale alle stelle
L’alluminio rincara
Il Brent impenna
La benzina si infiamma
L’oro si rafforza
La speranza si riduce
Ma tu sei il mio bene rifugio
(…)
Come un segugio a zampe in aria
Mi ribalto e in te fiuto
Il mio bene rifugio.”
Vinicio Capossela
Il bene rifugio, Tredici canzoni necessarie
Un giorno di novembre di quattro anni fa entravo per la prima volta in canile. Sapevo che avrei incontrato molti cani e le persone che se ne occupavano. Immaginavo che, come volontaria, me ne sarei presa cura in qualche modo anche io. Quello che non sapevo e non potevo immaginare era che in canile avrei imparato la forza del legame che stringe per sempre chi si annusa, si riconosce e si sceglie per non lasciarsi più.
I legami che ci fanno sentire vivi, quelli più autentici, sono fatti del riflesso che riconosciamo nello sguardo dell’altro, sono una coperta calda che sa di casa, ci permettono di abbandonarci in un abbraccio e di fonderci insieme senza però dover mai rinunciare alla nostra libertà. Questo tipo di legami ha bisogno di costanza e consapevolezza e richiede tempo. Il tempo dell’attesa, spesso scomodo e logoro come le sedie di una sala d’aspetto. Il tempo dell’incontro: il mio con i cani del Progetto RandAgiamo, gli “animali fantastici” ospiti del canile sanitario di Collestrada ritratti in questi scatti, quello di Beatrice e Lino, quello di Maria Grazia ed Aiko, quello di una vita insieme come fedeli compagni di viaggio.
Come volontaria del Progetto RandAgiamo torno in canile ogni volta che posso. Come la prima volta, continuo ad entrare spinta da un desiderio di riparazione personale e dall’urgenza di imparare a prendermi un po’ più cura di me, dimenticandomi i miei dolori per dedicarmi ad altri. Il canile è la mia ora d’aria, in canile io mi dimentico di me, divento leggera, il canile è un posto magico nonostante sia una realtà difficile.E’ lì che ho conosciuto Maria Grazia, volontaria storica del Progetto che ha preso in stallo Aiko per non lasciarla mai più ed è lì che ho incontrato Beatrice quando una mattina di sole dello scorso autunno ha scelto di essere la nuova famiglia di Lino. Questo progetto è dedicato ai cani del Progetto RandAgiamo, a Lino ed Aiko che ne hanno fatto parte e alle seconde possibilità.
INTERVISTE
Beatrice e Lino
Raccontami come sei arrivata in canile, il tuo legame con Lino, come lo hai scelto e come Lino ha scelto te
Il suo vecchio nome, cioè il nome che aveva in canile, era Kujio, un nome molto elegante. C’è una storia dietro a questo nome. E il nome è nato prima dell’idea concreta di prendere il cane. Perché io mi chiamo Sorrentino di cognome e questo cane si doveva chiamare Paolo Sorrentino. Era chiaro. Ma Paolo è un nome da umano, quindi Paolino e da lì Lino. In casa ce ne siamo un po’ fregati che avesse già un altro nome e l’abbiamo, anzi no, l’ho ribattezzato io. La nostra storia è cominciata ad ottobre quando io sono venuta le prime volte in canile spinta dalla mia amica Asia che mi incoraggiava a non comprare un cane ma ad adottarlo.
In canile ho incontrato Debora che conosceva già un po’ il mio lavoro e alla quale ho spiegato come vivo e quali sono i miei orari. Così lei mi ha fatto conoscere due cani. Uno appunto era Lino ed è stato subito amore! Cioè ho visto Kujio e ho detto lui è Lino, lui viene via con me. E così da lì abbiamo fatto qualche passeggiata. Il canile sanitario di Collestrada io nemmeno lo conoscevo, non conoscevo nemmeno il Progetto RandAgiamo.
Lino è il mio primo cane ed è anche il mio primo animale domestico; da piccola non avevo nemmeno i pesciolini rossi. E niente… ci siamo conosciuti, abbiamo fatto diverse passeggiate, Debora mi ha dato qualche suggerimento tipo su come farsi ascoltare. Ero un po’ preoccupata perché Lino tira e quando tira, tira per tirà perché sente l’odore e va verso quello che sente. A Debora ho fatto tutte le domande possibili e poi a novembre, il 4, me lo sono venuta a prendere. Sì, c’è questa storia che voi raccontate che lui lo sapeva che lo stessi andando a prendere e che quello era il giorno che me lo sarei portata a casa. Secondo me pensava invece di andare in passeggiata, dato che era già successo tre o quattro volte in canile prima di portarlo via per sempre con me. Poi però io gli ho messo il collare e forse qualcosina nel cervello gli è scattato. E niente…poi siamo venuti a casa. Ah, prima c’è stato il momento critico della macchina perché non voleva salire. E per farlo salire credo proprio che Roberta l’abbia preso in braccio. Sicuramente perché era la sua prima volta…. Invece adesso è la sua cosa preferita, andare in macchina gli piace da morire! Un po’ perché quando andiamo in macchina significa che andiamo in un posto che gli piace e un po’ perché sta bene, ha per sé tutto il sedile posteriore con il suo materassino di Snoopy. Ovviamente i primi giorni che è stato qua da me a casa sono stati un po’ critici….quando restava da solo distruggeva un po’ le cose. Ingenuamente pensavo che il passaggio sarebbe stato più facile e che in due giorni si sarebbe abituato. E invece noooo… ci sono state porte mangiate, mobili rosicchiati e va bene, ok.
Vedi, ora dorme, ci ha messo pochissimo ad addormentarsi, ora ha capito che questa è casa sua e si è messo subito giù.
I primi giorni sono stati un po’ così, di rodaggio, fino a che si è calmato un po’. Poi ha cominciato a piangere mentre io non c’ero. E questo pianto mi faceva stare male al lavoro. I vicini mi mandavano messaggi dicendo che grattava la porta e che sembrava volesse uscire. Io hai voglia a tranquillizzarli e a spiegargli che non è che voleva scappare ma che quella era la porta dalla quale ero uscita io! In astratto io le cose le sapevo ma è chiaro che poi se ti tartassano…e non solo loro!!! Mi tartassavano anche i miei che mi dicevano: “ma come? Noi abbiamo il giardino, la sera stiamo a casa, portacelo!” Ma il cane lo avevo preso io!!!!! E questa è una cosa sulla quale i primi mesi io mi sono molto battuta.
La situazione stava diventando difficile. Da un lato c’era casa che era distrutta, dall’altro i miei che mi rompevano, da un altro i vicini che ogni sera “Beatrice, ma Lino cosa sta facendo?” come a dire “secondo noi ‘sto cane sta male”. Noi qui siamo una piccola comunità, ci conosciamo tutti, lo sapevano che era il mio primo cane ma ogni scusa era buona per “insegnarmi la vita” per dirmi “perché non lo porti dai tuoi?”
Oggi mi reputo molto fortunata perché ho trovato un cane dolcissimo e me lo voglio tenere così come è. Quindi per il momento mentre io lavoro lui sta con i miei genitori e in effetti è molto più tranquillo, è molto più recettivo ed è molto più predisposto a fare quello che gli chiedi. Ora se io gli chiedo di mettersi a cuccia lui lo fa. La sua cuccia è o il divano o la sua cuccia vera o il sedile posteriore della macchina. E anche se io ho dovuto rinunciare un po’ alla mia autonomia dandolo ai miei genitori, dato che lui sta bene, io sono più felice. Speriamo che, magari nel tempo, possa stare un po’ più da solo a casa sua.
Certo sul distacco ci dobbiamo ancora lavorare ma adottare un cane è la cosa più bella che io ho fatto nella mia vita. È il passo più bello. Era da tanto tempo che avevo questo desiderio, era tanto tempo che io volevo dare il mio amore ad un animale. Sento di voler dare tutto questo amore che ho in più a qualcuno che se lo merita e a chi meglio se non ad un amico a quattro zampe? Un amore che sappia riparare le storie fallimentari che ho alle spalle e colmare il mio desiderio, forse un po’ infantile e mai appagato, di avere un cane.
Per me è stata una decisione molto pensata, avrei voluto prenderlo già quando abitavo a Roma ma non vivevo da sola e le persone con cui dividevo casa non erano d’accordo. Certo sarebbe stata una situazione più facile perché avevamo il giardino mentre qui in appartamento siamo più costretti. Tornata qui, assestate le cose e trovato un lavoro fisso ho detto ok!, vai, me lo posso permettere. E in più c’è questa cosa che io voglio dare il mio amore a chi un po’ me lo ridà indietro e un po’ però lo merita. Lino lo merita eccome! Anzi ne meriterebbe quattro volte di più di quello che gli do perché io sono una persona fredda; noi conviviamo ma non è che ci stiamo a fare sempre le coccole. Le coccole più grandi gliele faccio quando lo vado a prendere dai miei perché mi è mancato mentre sono stata fuori. Comunque ci ritagliamo la nostra oretta la mattina quando ci facciamo la nostra passeggiata. Ma è sempre tutto troppo poco, lui si meriterebbe molto di più perché quello che mi dà indietro è dieci volte più grande di quello che io do a lui. Adesso ha una casa, sta al caldo, lo porto fuori, gli do da mangiare, gli do i biscottini, gli faccio le carezze, sono solo io a prendermi cura di lui.
Su di me il canile non ha avuto lo stesso effetto benefico che ha su di te. Viverlo da volontari credo sia diverso da come può viverlo chi adotta, è un po’ come l’orfanotrofio, anche se Il vostro canile è bello, i cani hanno i loro spazi e i loro punti di riferimento.
Il canile più bello è il canile vuoto, una sorta di luogo di passaggio dove tu trovi la tua seconda possibilità. Il canile sanitario di Collestrada può dire di fare la differenza con il Progetto RandAgiamo, soprattutto in termini di consapevolezza e responsabilità. Si può arrivare in canile con un’idea del cane che magari non è esattamente quella che è la realtà. Soprattutto perché un cane non è la proiezione dei propri desideri ma è un compagno di viaggio.
Maria Grazia e Aiko
Raccontami la tua storia con Aiko
Già facevo la volontaria in canile da diversi anni e già conoscevo Aiko. Non avrei mai pensato di adottare un cane perché non c’erano le condizioni per farlo. Poi il destino ha voluto che, poco prima che prendessi per sempre con me Aiko, la mia situazione personale fosse cambiata e così mi resi disponibile a prenderla in stallo, cioè ad offrirle un’ospitalità transitoria, perché lei aveva avuto un intervento all’occhio e doveva poter fare la convalescenza in un posto più tranquillo del canile. Era morta mia madre da poco e io non dovevo più prendermi cura di lei con l’assiduità di prima; in più facevo lo smart working perché era il periodo del lockdown. Avevo due gatti e non avevo il giardino ma ugualmente ho accettato di ospitarla per alcuni giorni che poi si sono trasformati in un’adozione a tutti gli effetti. Aiko, entrando nella mia vita, mi ha aiutato tantissimo a superare il lutto di mia madre che mi occupava mentalmente e fisicamente e, ora posso dire, che la sua presenza è stata una terapia efficacissima. Credo che anche Aiko abbia avuto dei benefici. In canile era cicciona perché mangiava troppo, forse per lo stress e abbagliava in continuazione anche quando andavamo in passeggiata. Io l’ho portata a casa terrorizzata pensando “ecco ora mi abbaglia di notte”. Invece non ha abbagliato per due mesi, ora lo fa saltuariamente, convive con i due gatti e, non avendo io figli, è in una situazione di assoluta tranquillità.
Qualcuno mi ha detto che avevano trovato questo cane vicino al Canile che non si lasciava avvicinare. Pare l’avessero chiamata anche E45, perché era andata a finire in superstrada. Qualcun altro dice che avessero trovato una targhetta con scritto Aiko. Ci hanno messo tanto per prenderla, perché lei era molto diffidente. Adesso tutto sommato è molto socievole rispetto ad allora.
In canile io la portavo a spasso spesso perché era evidentemente sovrappeso. La Prof.ssa Diverio, responsabile del Progetto RandagiAmo, l’aveva più volte proposta in adozione ma Aiko era un cane che non colpiva l’attenzione perché non giocava con i bambini, non era affettuosa, non veniva là a leccarti…La Prof. faceva vedere ai bambini la macchia di Topolino che Aiko ha sul fianco ma….niente da fare: Aiko era bruttina, cicciotta, con l’occhio ancora da operare.
Le persone infatti spesso vogliono il cane bello, affettuoso, disponibile al gioco e preferibilmente cucciolo. Ma Aiko non gioca e può sembrare un cane anaffettivo. Invece è un cane adorabile che mi dimostra che mi vuole bene guardandomi con i suoi occhi languidi. Per me si è trasformata da brutto anatroccolo in una principessa bella come il sole. Va d’accordo con tutti, non è mai aggressiva e se anche entrassero i ladri lei, indifferente, li ignorerebbe.
Il suo stallo aveva un termine, giusto il tempo di prendere l’antibiotico e di mettere le gocce nell’occhio. Dieci, quindici giorni al massimo, il tempo in cui io avrei potuto darle visibilità portandola a spasso…magari si innamora qualcuno. Il mio intento era quello di fare una “prova cane”. Ho pensato: vediamo se io riesco a gestire un cane compatibilmente con il lavoro e pur vivendo in un appartamento. Se la “prova cane” avesse funzionato avrei riportato Aiko in canile e avrei preso un cane anziano tra i tanti. Pensavo infatti che lei avrebbe avuto più possibilità di essere adottata. Invece niente, nessuno se ne è innamorato. Io mi sono trovata così bene e quindi l’ho tenuta e non ho preso altri cani anziani.
E se io ti chiedessi di raccontare la stessa storia però dal punto di vista di Aiko, come la racconterebbe?
Sono un cane dal passato difficile che un pochino si ripercuote nei miei comportamenti.
Probabilmente sono stata allevata da un cacciatore che però si aspettava da me cose che io non potevo dargli. Infatti sono pigra e sono un cane di pace, per cui non ero fatta per correre dietro ai conigli e riportare le prede.
Così lui un giorno si stancò di me e mi abbandonò.
E mi sono trovata davanti a un canile, forse perché sentivo abbagliare gli altri cani, ho pensato, magari può darsi che mangio qualcosa. In questo canile stavo bene, perché mi davano da mangiare, si prendevano cura di me, c’erano le volontarie che mi portavano a spasso e mi ero fatta degli amici.
Quando arrivavano le persone che volevano un cane, abbagliavo, abbagliavo, cercavo di farmi notare, però non piacevo. Nessuno si è mai innamorato di me. Non so come mai.
Finché poi, ed è stata la mia fortuna, mi hanno dovuto operare all’occhio, e una volontaria che io conoscevo di nome Maria Grazia, che mi portava sempre a spasso il sabato e mi dava qualche premietto, pochi perché ero grassa, si è offerta di tenermi a casa sua che, per carità, non è una grande casa, non c’è il giardino, però è calda l’inverno e fresca l’estate. Poi ho due fratelli gatti tranquilli, che non mi hanno mai fatto male e che dormono con me sul divano. I miei umani la domenica mi fanno anche salire sul letto, l’inverno è bellissimo e io sospiro e penso: ah, che bella vita la mia!
Infatti non abbaio mai, perché che abbaio a fare? Con loro vado al mare e in montagna d’estate e d’inverno, il fine settimana andiamo in campagna e poi al lago.
Come sei arrivata in canile?
In canile ci sono arrivata perché la mia mica Anna Rita mi disse che c’era questo corso per i volontari organizzato dal Progetto RandAgiamo, un progetto nato dalla sinergia tra il Laboratorio di Etologia e Benessere Animale del Dipartimento di Medicina Veterinaria di Perugia e dai Servizi Veterinari, Igiene Urbana e Prevenzione del Randagismo dell’USL 1 e 2 Umbria.
Così,…avendo tempo… penso: va be’, faccio il corso, tre serate…molto interessanti e… E dopo da lì, avendo tempo, un sabato mattina ho iniziato a frequentare il canile. E’ una sorta di dipendenza per me. Cioè, qualche volta mi fa fatica la mattina magari alzarmi, non so se il tempo è brutto, magari ho da fare….Però se non ci vado, mi manca.
E’ uno spazio dove circola tanta energia. Perché è uno spazio fatto di incontri, non solo con loro ma anche con le persone.
Ormai sono diversi anni che faccio parte di questo Progetto e devo dire che è organizzato veramente bene perché le adozioni del canile che passano per il Progetto Randagiamo vanno tutte a buon fine, nel senso che i cani sono tutti cani socializzati e abituati alle persone. Il Progetto si avvale della professionalità di educatori cinofili e di veterinari comportamentalisti che ti sanno consigliare il cane giusto per la situazione che vivi.
Sono entrata nel Progetto nel 2016 e dopo 4 anni ho incontrato Aiko, anche lei cane del Progetto. Adesso che ho lei mi pesa un pochino più andare in canile. Forse proprio perché faccio il confronto tra la vita che fa lei e quella che fanno i cani del canile. Perché ora lei sul divano è tutta calda, loro invece….
Che cos’è per te un cane?
E’ un impegno. Perché se non si è disposti ad un impegno emotivo, di testa, di tempo, economico, insomma di tutto…… un cane è veramente un impegno perché diventa un vero e proprio membro della famiglia, praticamente un figlio. Se non si è disposti a tutto questo è meglio non prenderlo. Adesso non potrei pensare di vivere senza Aiko perché il rapporto che ci lega è profondo, anche se è innegabile che si deve lavorare molto sulle aspettative, sul tipo di legame che si costruisce con fatica e accettare che il cane non risponda necessariamente alle tue aspettative e alle tue attese. Perché il cane non è un oggetto. Bisogna avere la consapevolezza che come tutti gli esseri viventi ha il suo carattere, la sua indole, i suoi tempi e quindi, come tale va rispettato.
Un’ ultima domanda: cos’è un legame per te?
E’ un qualcosa che ci sarà per sempre, è una responsabilità, è uno stare in presenza, uno starci, un esserci concreto. E’ fatto di cura e di tempo di qualità. Il legame con Aiko sarà per sempre.
Caterina Bircolotti