Il Giocattolo dei giocattoli

Il Giocattolo dei giocattoli

La raccolta Zeetti diventa un museo a san Marco

Il 20 giugno, giornata storica per la città di Perugia, verrà inaugurato a San Marco il Museo del giocattolo. Questo splendido progetto è nato dall’iniziativa dell’architetto e collezionista Luciano Zeetti, che in oltre trent’anni ha raccolto più di un migliaio di pezzi. Lo spazio, suddiviso in aree tematiche, vede raggruppati su mensole, teche e tavoli robottini dagli occhi a fanale, abachi d’epoca, trenini di ogni dimensione e Alì Babà su tappeti volanti di latta.

«Ho cominciato a racimolare i pezzi nel 1979. Il primo in assoluto è quella macchinina degli anni Trenta – indica un’automobilina intagliata e dipinta a mano –; dopo ho continuato, con fatica e grande piacere, chiedendo ad amici e parenti i loro vecchi giocattoli e frequentando i vari mercatini. Non so quale sia il motivo che mi ha spinto a farlo. Forse ogni collezione nasce da un’insoddisfazione, da tentativi di riequilibrio. Quello che so è che da bambino non potevo permettermi di acquistare dei giocattoli, e così me li costruivo da me… Vendendoli, anche! Ho sempre avuto una passione, ma non mi definisco più un collezionista, quanto un “raccoglitore”. Ho superato la fase morbosa di attaccamento agli oggetti quando ho capito che questa roba andava mostrata. Messa in gioco, appunto».

La collezione è stata esposta per la prima volta nel 1986 alla Rocca Paolina, per poi essere riallestita in via più o meno temporanea in quattro sedi differenti. Finché, grazie all’appoggio dell’Arci, non si è giunti alla sistemazione attuale e permanente: «Abbiamo messo a posto questo locale con l’idea di creare qualcosa che non avesse la classica impostazione museale, statica, contemplativa. Questo è il passaggio dalla vetrina chiusa a qualcosa di aperto dove si può interagire, dove si arriva a un contatto diretto con le cose esposte, perché si tratta di un museo-laboratorio per bambini e per adulti».

La collezione non incorpora solo giocattoli, ma anche oggetti come libri e riviste, vecchie televisioni del cosiddetto “modello spaziale”, simili a satelliti, giradischi e macchine di proiezione a manovella. «Questi oggetti servono anche a ricostruire i diversi contesti storici a cui appartengono i giocattoli in mostra, che a loro volta io considero come vere e proprie testimonianze di un’epoca. Il giocattolo è spesso una miniaturizzazione delle cose degli adulti. Per i giocattoli si sono fatte guerre, si sono messe in luce le differenze presenti all’interno della società, come ad esempio i ruoli dell’uomo e della donna», afferma Zeetti.

Un intero tavolo è occupato dagli strumenti ottocenteschi antenati del cinema, ordigni metallici capaci di far detonare visioni in movimento, come il praxinoscopio o la lanterna magica, posta dentro una piccola saletta cinematografica. Qui, nel buio, lo sguardo dei bambini s’incanta di fronte alle proiezioni di geometrie ipnotiche, di apparizioni e sparizioni comiche. «Il gioco più gettonato di tutti, però, sono queste banalissime trottole. Perché? Perché ogni volta il gioco è diverso, cambia col moto avviato dalla trottola stessa – Zeetti si accovaccia, azionandone una che produce un suono melodico – Inoltre, c’è anche la necessità di compiere un’azione fisica, il fascino dell’equilibrio, il suono, che deriva dall’aria che passa dentro l’oggetto. I bimbi la guardano come fosse un burattino. Nella sua semplicità è il gioco più bello, come lo erano quelli di una volta».

La bellezza della collezione Zeetti è caricata da un’enorme valore affettivo, visibile nelle attenzioni che il suo proprietario continua a riversarvi: «Ho un ricordo per tutti gli oggetti che vedi. Dove li ho presi, a chi appartenevano… Ci sono tantissime storie, anche belle, dietro ciascuno di questi giochi. E per me questo museo è come un enorme giocattolo, che ne contiene tanti altri. È una follia condivisa», conclude, sorridendo.

Testo di Ivana Finocchiaro