PROTOCOLLO DIPENDENZE

Report dei seminari

Piano Formativo Integrato sulla prevenzione
ed il trattamento delle dipendenze

Aggiornamenti informativi e buone pratiche

Venerdì 27 febbraio 2015

Felice Di Lernia - Antropologo, Comunità Oasi2/Consorzio Nova
Felice Di Lernia si occupa di antropologia medica, lavora sul tema delle dipendenze patologiche dalla metà degli anni Ottanta. Il suo intervento vuole fungere da premessa culturale rispetto a un tema così complesso come quello delle tossicodipendenze. Insiste infatti sul concetto di complessità del reale in contrapposizione alla linearità dei fenomeni, inesistente dal punto di vista dell’analisi sociale, come premessa fondamentale per ogni approccio di studio e d’intervento, cercando di evitare ogni pretesa di verità assoluta.

A partire da questa cornice introduttiva possiamo evidenziare alcuni punti focali attorno ai quali ruota l’analisi di Di Lernia.

  • L’approccio interpretativo e il rischio cliché
    In virtù di una certa impossibilità propria della natura umana nel distinguere tra l’atto del teorizzare e l’atto del visualizzare ci si serve, per avere una forma di riferimento, di cliché: anche nel caso delle dipendenze patologiche si pensa al problema facendo riferimento al consumatore finale, ai giovani, spesso utilizzati come capro espiatorio di un panorama molto più complesso. In realtà qualunque ricerca legata ai consumi mostra che non esisterebbe la massa del consumo se non ci fosse anche una popolazione che tutto è tranne che giovane.
  • Epistemologia e strategia nel lavoro di cura
    Differenza tra epistemologia e strategia nel lavoro di cura: la strategia è il modo attraverso il quale si organizza la realtà ed è ciò su cui ci si concentra più spesso; l’epistemologia fa invece riferimento a come si legge e interpreta la realtà dei fenomeni, fornendo una cornice di significati. Epistemologie diverse rendono molto complicato un lavoro comune, con implicazioni sia a livello micro che macro.
  • L’eroina sì, l’alcol no. Gli equivoci e la mancanza di logica
    Rischio di stereotipi, fallacia logica: ci si accanisce su qualcosa perché lo si considera come un problema per una collettività, nel mentre non si fa nulla per qualcosa che apparentemente non provocherebbe danni e invece ne fa moltissimi (es. eroina/consumo di alcol e tabacco).
  • La difficoltà di separare il problema della malattia dal concetto di colpa
    Mentre su un piano teorico è possibile distinguere tra salute e salvezza, su un piano operativo ed epistemologico permane ancora oggi una certa difficoltà a separare le due questioni, sovrapponendo morale e salute (causa/colpa di una malattia). Non a caso i primi a occuparsi di tossicodipendenze in Italia sono stati dei religiosi, e anche chi non lo era usava un approccio di tipo sacerdotale applicando a una questione di salute una politica di salvezza. La difficoltà di sdoganare il problema della malattia dal concetto di colpa è dovuta anche al fatto che la malattia è intrinsecamente legata al comportamento e ciò impedisce di distinguere tra comportamento e funzionamento.
  • Attenzione alla differenza tra realtà e sua narrazione
    Porre attenzione alla differenza tra realtà e narrazione della realtà: in un’epoca caratterizzata dall’ipercomunicazione spesso ci si approccia a una questione a partire da un dato di narrazione e non di realtà (es. dati dei telegiornali).
  • Evitare un approccio iperteorico e riduttivo
    In conclusione: la complessità ci espone a dei rischi, il primo fra tutti è quello di un approccio iperteorico e riduttivo. Bisogna perciò tenere conto almeno di due cose: a livello macro, non è possibile studiare i fenomeni sociali a partire dal dato puntuale, ma bisogna porre attenzione ai processi e alle prospettive di osservazione, in quanto le rappresentazioni dei fenomeni sono sempre una semplificazione. A livello micro è necessario ricordare che ciascuno di noi è sempre il prodotto di una rappresentazione corale.

RISORSE
Importanza di approcci multidisciplinari, valorizzando l’eterogeneità delle prospettive di analisi e operatività. Molti passi avanti dal punto di vista della laicizzazione delle tossicodipendenze. Superamento dell’esasperazione moralistica.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Rischio di abuso del cliché nell’osservazione dei fenomeni (le dipendenze riguardano solo i giovani) e sottovalutazione delle altre dipendenze (alcol/tabacco). Problema di “ipertrofia della comunicazione”: eccesso e distorsione di dati da parte dei mass media, creazione di allarme sociale.

SPUNTI/PROPOSTE
È fondamentale che i vari soggetti coinvolti nei diversi aspetti del problema legato alla tossicodipendenza e alla sicurezza urbana si confrontino insieme per trovare un linguaggio comune, creando un certo consenso anche da un punto di vista terminologico. Creazione di una rete di supporto.

Renato BricoloPsichiatra. Psicoterapeuta in una comunità per tossicodipendenti di Verona
Partendo da una precisazione del significato di “droga” e da un inquadramento del suo uso all’interno di un mutato contesto sociale, il dottor Bricolo illustra le più stringenti problematiche inerenti al tema.

  • Cos’è una droga? Definizione
    Le droghe sono sostanze che agiscono a livello biologico e cerebrale producendo modificazioni cognitive ed emozionali nel sistema nervoso. Sono agenti psicoattivi che operano sulla psiche generando degli effetti (sonno, attacchi di panico, euforia, ecc.) successivamente tramutabili in sintomi di una dipendenza.
  • Uso e diffusione: l’illusoria ricerca del piacere
    L’uso di droga e la sua diffusione sono strettamente legati alla trasformazione culturale che ha accompagnato il passaggio da una società agricola e industriale a una, quella attuale, permeata dall’illusione dell’“ottenimento” attraverso l’eliminazione della fatica. Chi assume stupefacenti è mosso sia dal desiderio infantile di provare piacere senza effettuare sforzi, sia dalla mancata accettazione di ciò che interferisce tra sé e la realizzazione di se stesso: è un tentativo di uscire dalla realtà e dalla dimensione di spazio e tempo che inevitabilmente imbriglia l’uomo.
    Sempre con riguardo all’evoluzione delle dinamiche sociali, si osserva che da 20 anni a questa parte è in atto una transizione dal consumo di “droghe di estraniazione” (l’eroina ne è un esempio classico) a quello di “droghe di partecipazione” (come ecstasy e cocaina).
  • Approccio terminologico e un necessario sdoppiamento concettuale
    È opportuno distinguere tre livelli di uso di stupefacenti, e col termine “dipendenza” intendere soltanto il terzo di questi. Il primo grado è l’“intossicazione”; il secondo è l’“abuso”, che presuppone assunzioni plurime di una sostanza; l’ultimo è lo stadio in cui un soggetto perde il controllo dell’uso fino a un reiterarsi del bisogno di somministrazione.
    La dipendenza viene quasi sempre percepita come la più grave, se non la sola conseguenza legata all’uso di droga. In realtà non è così. Questo è semmai lo stato culminante del problema. Credere che soltanto la tossicodipendenza infligga danni biologici irreparabili a un organismo, senza mettere in relazione alcun sintomo con l’eventuale singola assunzione di una sostanza, potrebbe portare a pensare che chiunque faccia uso di droghe senza dipenderne sia al riparo da rischi. Concettualmente e nell’impostazione attuale dei servizi sanitari di assistenza italiani, questa è tuttavia la tendenza nel trattamento dei casi.

RISORSE
Prevenzione: educazione al “non uso” e presa in carico precoce. Il sapere neuroscientifico come strumento di comprensione della dimensione biologica dei disturbi.

PROBLEMATICITÀ
Avvicinare chi fa uso di droghe o potrebbe potenzialmente farne: utilizzare termini corretti per dialogare. Saper distinguere tra dipendenza, abuso e intossicazione. Radicamento di una percezione attutita degli stadi che precedono la tossicodipendenza.

SPUNTI/PROPOSTE
Informare giovani e adulti su tutti gli effetti che le sostanze possono causare: la dipendenza è solo una delle conseguenze.

Mirna Caradonna - Primo dirigente della Polizia di Stato. Ministero dell’Interno – Direzione Centrale Servizi Antidroga
L’intervento è servito a fare chiarezza sia su alcuni tratti fondamentali del narcotraffico, sia sulla natura delle stesse sostanze trafficate. Questi i punti salienti.

  • Quando si parla di droghe, in Italia, di quali sostanze si tratta? Due disambiguazioni
    Le droghe non sono altro che prodotti che si trovano in natura o che derivano dalla lavorazione dei suddetti prodotti. Non sono qualcosa di esotico, o sconosciuto. La cannabis o le amfetamine, ad esempio, si possono ottenere in qualsiasi parte del globo. Non c’è perciò ragione di pensare, dopotutto, che in Italia non possano esistere laboratori di produzione e sintesi.
    Quando ci si riferisce alle droghe, inoltre, bisogna tenere presente che il nostro Paese adotta, per identificarle, un principio tabellare convenzionalmente mutuato dalla catalogazione dell’ONU. Al di là delle sostanze comuni, tuttavia, ce ne sono altre, il cui effetto è altrettanto dannoso, che rimangono fuori dai sistemi internazionali di uniformazione. È il caso delle cosiddette sostanze d’abuso e di molti farmaci.
  • Le rotte del narcotraffico planetario.
    Seppur i metodi di occultamento della droga siano raffinatissimi, analizzando le direttrici del narcotraffico mondiale si può stabilire che le principali rotte della droga siano anche le classiche rotte di scambio di ogni altro prodotto. La droga non è altro che una merce, di contrabbando. Può essere perciò trasportata come tutte le altre, seguendo gli stessi percorsi e cercando di superare i vincoli doganali. Il canale di trasporto più utilizzato per muovere la droga è l’acqua.
    Per l’Italia, le rotte più battute sono quelle di collegamento con Spagna e Olanda, da un lato, e con l’Africa, dall’altro.
  • Il mercato della droga
    Se è vero che la droga è per certi versi assimilabile a qualsiasi altro prodotto, anche il suo scambio segue le stesse dinamiche, per le quali chi vende mira a generare un’abitudine all’uso attraverso meccanismi di fidelizzazione. Quello della droga è un mercato globalizzato e c’è una tale sovrapposizione e interazione tra i gruppi criminali, che a questi conviene collaborare e fare cartello.
  • Il paradosso dei dati: istruzioni per l’uso
    I dati sul narcotraffico vanno sempre valutati con accuratezza, usati con responsabilità e integrati. Solo così maneggiati fungono da valido supporto decisionale. Eppure, spesso, si assiste ad intere politiche d’intervento elaborate tout court sulla base di meri dati, senza tener conto che, tra l’altro, molti Paesi e organismi possono essere restii a diffondere statistiche veritiere su temi come quello della droga.

RISORSE
Mappe delle rotte del narcotraffico globale; tabelle di classificazione delle droghe.

PROBLEMATICITÀ
Reperire e interpretare dati con precisione; quali sostanze d’abuso annoverare fra gli stupefacenti?

SPUNTI/PROPOSTE
Considerare la droga come un qualsiasi altro prodotto commerciale, contrabbandato.

Angela BraviPaolo Eusebi. Regione Umbria - Direzione Salute e coesione sociale. Osservatorio epidemiologico per l’area delle dipendenze
Il 15 febbraio è stato pubblicato il rapporto epidemiologico 2014 sulle dipendenze della Regione Umbria. Si tratta del primo rapporto completo sull’argomento in ambito regionale e vuole essere – nelle intenzioni degli autori – uno strumento fruibile, volto a stimolare il confronto tra i vari soggetti che si relazionano con il problema e a favorire, quindi, il miglioramento delle pratiche di risposta.

Di seguito gli aspetti più rilevanti che emergono dall’ultimo rapporto.

  • Attenti agli adulti
    Il fenomeno delle dipendenze non va considerato come una problematica strettamente giovanile, anzi, tra gli adulti umbri si registrano negli ultimi anni segnali preoccupanti rispetto ai trend di consumo problematico di sostanze. Per esempio, per quanto riguarda gli oppiacei (fonte rilevazione ESPAD e IPSAD), si registra un incremento significativo dei consumi rispetto alla rilevazione precedente per la popolazione generale (fasce di età 15-34 e 15-64), mentre nella popolazione studentesca 15-19 anni i dati sono in linea con l’Italia e stabili rispetto alle rilevazioni precedenti. Anche per la cocaina si registra una tendenza all’incremento rispetto alla rilevazione precedente, più marcata nella popolazione 15-64 anni. Per quanto riguarda il gioco d’azzardo, infine, gli studenti umbri (15-19 anni) denotano livelli più bassi di problematicità rispetto alla media nazionale, mentre la popolazione generale (15-64 anni) è sostanzialmente in linea con il trend nazionale.
  • Le illegali fanno clamore, le legali fanno più male
    L’Umbria nel 2013 è tra le regioni con la quota più elevata di fumatori: il 23,1%. L’OMS attribuisce al tabacco il 12% (fino al 16%) di decessi over 30. In Umbria questo vuol dire oltre 1.000 morti l’anno. Il consumo problematico di alcol (anche in questo caso in aumento tra gli adulti, non tra la popolazione giovanile) e quello di psicofarmaci sono altri fenomeni dagli effetti molto pesanti e spesso sottovalutati.
  • Gioco d’azzardo in calo tra i giovani: la prevenzione paga?
    In Umbria, come in Italia, si registra un accesso diffuso al gioco d’azzardo. I profili di gioco problematico sono diffusi trasversalmente in tutte le classi d’età. Si registra però un calo delle prevalenze nei giovani: effetto anche degli interventi preventivi realizzati?

RISORSE
Rete informativa regionale interistituzionale. Rapporto epidemiologico 2014 sulle dipendenze della Regione Umbria. Rilevazioni CNR su consumi tra popolazione generale e studentesca.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Miglioramento della qualità dei dati. Uniformità dei metodi di rilevazione.

SPUNTI/PROPOSTE
Non focalizzare l’attenzione esclusivamente sui giovani. Considerare in primo luogo gli effetti sulla salute delle dipendenze da sostanze legali. Puntare fortemente sulla prevenzione specifica e selettiva.

Fabrizio Ricci - Giornalista. Libera Umbria -Curatore del dossier La droga in Umbria
Nel 2014 è stato pubblicato il dossier La droga in Umbria, un articolato lavoro di inchiesta e approfondimento, frutto di una collaborazione tra la Regione Umbria e l’associazione Libera Umbria. Uno “strumento di lavoro”, nelle intenzioni dei promotori, che tenta di offrire alcune chiavi di lettura del fenomeno sia sul versante della domanda (con particolare attenzione al dramma delle morti per overdose) sia su quello dell’offerta. Uno degli interrogativi su cui il dossier si sofferma è quello del grado di organizzazione dei traffici di sostanze stupefacenti illegali che attraversano l’Umbria e del ruolo svolto dalle organizzazioni criminali, comprese quelle mafiose, in questi traffici.

Di seguito alcuni spunti di riflessione.

  • Narcotraffico e impresa
    Il narcotraffico è a tutti gli effetti una filiera commerciale e come tutte le filiere commerciali si compone di diversi passaggi: investimento iniziale, produzione e importazione, traffico/spaccio, riciclaggio/reinvestimento e quindi radicamento sul territorio. Quest’ultimo passaggio è molto importante perché rappresenta il punto di connessione tra narcotraffico e impresa. Per questo il sequestro, la confisca e il riutilizzo sociale dei beni sottratti alle mafie e alla criminalità organizzata devono rappresentare sempre di più un asse portante della strategia di contrasto.
  • Caratteristiche del narcotraffico in Umbria
    Mentre da un punto di vista quantitativo, se si analizzano i dati su sequestri e operazioni di polizia, il mercato della droga dell’Umbria non sembra discostarsi in maniera significativa dalla media, una caratteristica che emerge e può risultare significativa è quella dell’alta incidenza dei reati di associazione finalizzata al traffico, che sottendono l’esistenza di reti e organizzazioni strutturate operanti sul territorio. Il dato regionale e soprattutto quello della provincia di Perugia risultano negli ultimi anni notevolmente al di sopra della media nazionale. A fare da contraltare a questo dato c’è però un mercato di piazza molto frammentario e variabile, come testimoniano gli osservatori privilegiati (per esempio unità di strada e forze dell’ordine), che può essere anche una delle ragioni dell’elevato numero di morti per overdose che si sono registrare negli ultimi 15/20 anni (variabilità della purezza delle sostanze, in particolare dell’eroina).
  • Incrociare i dati: un’ipotesi da approfondire
    Nel dossier La droga in Umbria il giornalista Antioco Fois ha presentato un primo tentativo di analisi incrociata dei dati sulla purezza dell’eroina sequestrata dalle forze dell’ordine con quelli sull’andamento degli interventi per overdose da parte del 118. Ne emergono spunti interessanti, ma che necessitano di un ulteriore approfondimento e affinamento.
  • Una possibile chiave di lettura
    Il fatto che lo spaccio di strada in Umbria (e a Perugia in particolare) sia caratterizzato da una grande frammentarietà/variabilità non significa necessariamente che non esistano, ai livelli più alti, network criminali organizzati con strategie ben precise e relazioni con la criminalità di più basso profilo che “opera sul terreno”, strategie sempre finalizzate alla massimizzazione dei profitti. A riguardo, è interessante considerare ciò che viene scritto nella Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza (a cura dei servizi di intelligence) del 2013, nella quale si legge: «Nelle aree di proiezione, le organizzazioni criminali sono apparse propense a conservare il loro profilo identitario cercando tuttavia di “ibridarlo” nei mercati e contesti ospiti, perseguendo modelli più integrati e cooperativi di gestione degli affari che potrebbero portare, in prospettiva, a forme di interazione con emergenti realtà criminali straniere radicate in territorio nazionale».

RISORSE
Dossier La droga in Umbria come strumento aperto e work in progress. Coinvolgimento di operatori e addetti ai lavori per un costante aggiornamento di dati e informazioni. Inchiesta sociale, anche coinvolgendo associazionismo e società civile.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Approccio al fenomeno droga spesso limitato allo spaccio, scollegato da fenomeni di criminalità organizzata e riciclaggio/reinvestimento nell’economia del territorio. Necessità di condividere i dati e le informazioni a disposizione.

SPUNTI/PROPOSTE
Condivisione di dati e informazioni in una “banca dati” regionale. Approfondire l’ipotesi di studio sull’incrocio dei dati su purezza sostanze e interventi 118. Grande sforzo sul recupero e riutilizzo dei beni sottratti alla criminalità organizzata e alle mafie.

Venerdì 13 marzo 2015

Stefano AnastasiaDocente di Filosofia del diritto dell’Università di Perugia
L’intervento di Stefano Anastasia fornisce una panoramica sull’approccio legislativo in materia di dipendenze in Italia e nel resto del mondo. Di seguito i punti salienti della sua relazione.

  • La nozione di dipendenza dal punto di vista legislativo non è univoca
    Innanzitutto bisogna sottolineare che la nozione di dipendenza dal punto di vista legislativo è tutt’altro che univoca: ci troviamo infatti difronte a una legislazione non omogenea e differenziata a seconda dei diversi fenomeni di dipendenza. Altra premessa: quando parliamo di dipendenze stiamo facendo riferimento a dipendenze invalidanti per le quali si rendono necessarie delle politiche di sostegno. L’analisi di Anastasia va a considerare il problema delle dipendenze da sostanze considerate illegali, tenendo conto che cambia il modo di rapportarsi con il problema, con chi ne fa uso, con i servizi: più in generale cambia l’ordine del discorso.
  • La frammentazione del quadro legislativo italiano
    Andando ad analizzare il quadro legislativo italiano notiamo una grande frammentazione, risultato di una successione ventennale di interventi fra di loro anche contraddittori. Possiamo così riassumerlo:

    1. La legislazione italiana in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope ha avuto una prima sistemazione organica nel 1990 con la Legge Iervolino-Vassalli, tarata principalmente sulle droghe degli anni Settanta ovvero su un’idea del consumatore di sostanze fortemente invalidato (eroinomane). Questa si configura come “legge contro la droga”, dove il contrasto del traffico si basa sul contrasto del consumo, prevedendo sanzioni amministrative e penali per i consumatori.
    2. Il referendum popolare del 1993 mette in discussione la precedente legge e cancella alcune delle norme chiave della criminalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti. A partire da qui iniziano ad aprirsi le maglie dell’assistenza socio-sanitaria su questi temi (riduzione del danno).
    3. Questo processo conosce un’inversione con la Legge Fini-Giovanardi del 2006: si torna a una concezione prettamente punitiva, l’intervento si incentra sui “rami bassi”, i consumatori. Non si fa distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Nel contempo si offrono maggiori opportunità per quanto riguarda gli affidamenti in prova ai servizi sociali.
    4. In questo quadro è intervenuta nel 2014 la sentenza della Corte Costituzionale (32/2014) che giudica incostituzionale la Fini-Giovanardi e fa retrocedere alla situazione del ’93 con tutta una serie di problemi di ordine pratico per quanto riguarda soprattutto i giudicati. Effetti della sentenza sono: abrogazione ex tunc della Fini-Giovanardi e ritorno allo status quo ante e cioè al DPR 309/90 come modificato dal referendum. Emergono però problemi e contraddizioni per quanto riguarda la definizione delle pene che restano tutt’ora irrisolti.
    5. La situazione attualmente appare frammentata, le principali modifiche intervenute sono: parziale ripristino della Fini-Giovanardi; nuovo reato di detenzione e spaccio di lieve entità.
  • Il panorama internazionale e la tendenza a depenalizzazione e legalizzazione delle droghe leggere
    Il travaglio della normativa interna ha però a che fare con la dimensione internazionale. In particolare facciamo riferimento alla Convenzione ONU sul traffico di sostanze stupefacenti del 1988 che è alla base di tutte le fattispecie penali presenti nella legislazione italiana. Convenzione con una ben precisa connotazione geopolitica (rapporti USA-America Latina), già contestata nel ’99 dalla Bolivia e oggi ampiamente ridiscussa. Se da un punto di vista interno la situazione sembra ancora abbastanza confusa, nel panorama internazionale troviamo degli spunti interessanti, in un quadro in profonda evoluzione. In particolare sta cambiando l’approccio statunitense, con la depenalizzazione della cannabis ad uso terapeutico in molti stati USA e con un grande fermento dell’opinione pubblica. Si ha un diffuso mutamento anche in America Latina (Uruguay, Messico…) con esperienze di legalizzazione della marijuana e di tolleranza ai fini di consumo. Segnale principale di questo mutamento di paradigma è la nuova Assemblea dell’ONU in materia di sostanze stupefacenti che si terrà nel 2016.
  • Il quadro europeo: dalla riduzione del danno ai cannabis social club
    Per quanto riguarda più nello specifico il quadro europeo possiamo affermare che l’Europa è il continente che negli ultimi vent’anni ha avuto un’apertura maggiore alla sperimentazione di politiche nuove (riduzione del danno e presa in carico delle dipendenze), sia in seno all’Ue, sia nei singoli paesi. Si stanno diffondendo pratiche sperimentali, come i cannabis social club nati in Spagna e oggi presenti anche in Belgio e in altri Paesi dell’Unione. Inoltre abbiamo il consolidato caso della depenalizzazione portoghese e la nota tolleranza olandese.

RISORSE
Far riferimento ai mutamenti internazionali aiuta a intuire quali possano essere gli sviluppi interni. La sentenza della Corte Costituzionale del 2014 ha comunque riaperto una discussione, inoltre a livello territoriale vi è una maggiore attenzione e sensibilità. Scambi multidisciplinari forniscono inoltre un arricchimento su temi di grande attualità e interesse pubblico.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
In Italia abbiamo a che fare con una legislazione obsoleta e frammentata che non tiene conto dei cambiamenti intervenuti a livello internazionale, ovvero di quel passaggio da un regime di indistinta “guerra alla droga” a una maggiore attenzione alla tutela della salute, distinguendo tra contrasto alle organizzazioni criminali e sostegno socio-sanitario alle persone con problemi di tossicodipendenza.

SPUNTI/PROPOSTE
Il panorama internazionale offre spunti di riflessione importanti con i quali la legislazione italiana dovrebbe confrontarsi. C’è un mutamento di paradigma consistente in vista dell’Assemblea delle Nazioni Unite del 2016, ed è facile immaginare che un cambiamento a livello internazionale possa essere rilevante anche per le prospettive della legislazione italiana.

Maurizio FiascoSociologo, docente e esperto della Consulta Nazionale Antiusura
A partire da una riflessione sul modo in cui i contesti territoriali si modificano, nella distribuzione dei luoghi d’incontro tra domanda e offerta delle sostanze stupefacenti, Fiasco si interroga sulle ripercussioni socio-economiche di questo mercato illegale.

  • Un popolo di consumatori
    Dal 2007 l’Italia sta vivendo la più lunga crisi socio-economica dal dopoguerra, subendo una prolungata fase di stagnazione e recessione che si ripercuote nella riduzione della capacità produttiva (rispetto al 2008, il PIL nazionale è crollato del 6,2%). Gli italiani sono un “popolo di consumatori”, che non basa la propria idea di futuro sull’impiego fruttuoso di energie fisiche, mentali e collettive; la loro risposta allo squilibrio tra sovrapproduzione e sottoconsumo di beni e servizi è l’incremento del debito pubblico, familiare e aziendale. Tutto ciò comporta una vulnerabilità generale.
  • Contabilizzazione del reddito criminale
    Le attività criminali hanno un effetto redistributivo: sottraendo beni, denaro, liquidità ai detentori che ne fanno un uso legittimo, li trasferiscono a coloro che ne fanno un uso illegale. Eppure, queste attività contribuiscono all’aumento del PIL, e da diversi anni una delibera dell’Unione Europea ha imposto agli Stati membri una contabilizzazione del reddito criminale. I Paesi sono quindi costretti a rendicontare anche le entrate e quella porzione del PIL riconducibile all’economia informale e illegale.
  • Due modelli
    Possiamo immaginare due modelli di circolazione del credito. Il primo, privo d’intrusioni da parte delle attività delinquenziali, prevede una circolazione degli utili che coinvolge diversi soggetti; i consumi alimentano la produzione e alcuni risparmi si tramutano in investimenti, che attivano ulteriormente la produzione e i consumi. Questo schema prevede, dunque, un moltiplicatore positivo, e cioè un’espansione degli investimenti e conseguentemente della produzione.
    Il secondo modello, invece, include gli introiti ricavati dalle attività illegali, i quali interferiscono con quelli “non criminali”, istituendo un “reddito criminale” rivolto a “consumi criminali”, tra cui la droga. Secondo l’STAT, l’Italia è un Paese che prevalentemente consuma (e non produce) stupefacenti, il cui mercato rialloca i suoi ricavati in altre attività. Dal punto di vista economico, quindi, il moltiplicatore negativo è moderato, mentre risulta disastroso in una prospettiva etica e sociale.
  • Le ibridazioni della legalità
    L’attività criminale si proietta in tutto il ciclo di produzione della ricchezza, come nel riciclaggio. Abbiamo infatti un reddito legale-criminale, il quale presenta una forma legale e un’origine criminale. Dinamiche di questo genere inaspriscono i fattori depressivi dell’economia, poiché gli investimenti illegali fanno concorrenza al settore legale dell’economia stessa, fortemente penalizzato da questi meccanismi.

RISORSE
La normativa europea relativa alla contabilizzazione dei dati sull’economia illegale in quanto strumento di consapevolezza del fenomeno e di ulteriore regolamentazione.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Difficoltà nell’individuazione degli introiti derivati da attività legali e illegali. L’ostico risanamento delle conseguenze della crisi economica, sociale e individuale.

SPUNTI/PROPOSTE
Il ripristino della sovranità pubblica, per uscire dalla recessione sociale, economica e intellettuale, con rischi di snaturamento di tipo antropologico. Una ristrutturazione dell’identità collettiva, attraverso la diffusione di comportamenti produttivi e non relativi al consumo (subordinando le scelte del presente a un risultato futuro, dosando con razionalità il rapporto tra mezzi e fini, instaurando un legame intergenerazionale).

Roberto SegatoriDocente di Sociologia dei fenomeni politici dell’Università di Perugia
L’intervento del di Roberto Segatori vuole fungere da ponte tra il primo e il terzo seminario. Servendosi di una serie di testimonianze dirette raccolte in alcune indagini sociologiche fornisce uno sguardo più ravvicinato sulla situazione perugina.

  • Il clima culturale
    È importante partire da una premessa: in ogni società prevale un certo clima culturale, è questo che definisce (tra le altre cose) le trasgressioni attese, i comportamenti borderline, ecc. Ogni stagione storica produce il suo particolare concetto di trasgressione. Il fenomeno del consumo di droga, non diversamente da altri comportamenti collettivi, si inserisce in questo quadro.
  • I tre mondi: consumo, spaccio e percezione della comunità
    Riportando una serie di interviste Segatori mette in luce la presenza di tre mondi: “il mondo di sotto”, quello sommerso del consumo delle varie sostanze, con motivazioni diverse a seconda della sostanza utilizzata; “il mondo di mezzo”, quello dello spaccio, altrettanto variegato, di cui vengono riportati due casi opposti ed emblematici; “il mondo di sopra”, quello dei residenti, degli studenti, dei commercianti del centro storico di Perugia, tra insicurezza e indifferenza. In più viene riportata la situazione registrata nel 2011 dalle forze dell’ordine, molto critica, oggi leggermente migliorata anche grazie al contributo delle associazioni cittadine.
  • La droga e i giovani: un fatto “normale”
    Dalle due ricerche di Ambrogio Santambrogio, docente dell’Università di Perugia, sul rapporto tra i giovani delle scuole superiori e la droga emerge un dato rilevante: se nel 1994 la droga veniva percepita come un danno, nel 2012 il consumo di droga è ritenuto un fatto normale. Il rapporto si capovolge.
  • No ai giudizi morali: i passi da compiere per cambiare il clima culturale
    L’analisi dovrebbe essere il più possibile scevra da giudizi di tipo morale; la finalità di interventi di tipo multidisciplinare dovrebbe essere quella di contribuire a cambiare il clima culturale. Sono infatti i climi culturali che tendono a ridefinire via via il rapporto con la devianza, gli spazi di libertà, i valori di riferimento.

RISORSE
Indagini sul campo, interviste, ricerche sociologiche.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Evitare giudizi morali nell’analisi della situazione. Concentrare l’attenzione piuttosto sull’aspetto dell’illegalità, delle mafie e delle economie criminali.

SPUNTI/PROPOSTE
È necessario rafforzare il più possibile l’approccio multidisciplinare, creare una rete tra forze dell’ordine, servizi socio-sanitari, mass media, scuole e associazioni, implementando le occasioni d’incontro.

Osservatorio epidemiologico regionale
Gli interventi dei tre esponenti dell’Osservatorio epidemiologico regionale hanno voluto fornire una panoramica statistica del fenomeno delle dipendenze visto sotto diversi aspetti, con una particolare attenzione al rapporto tra dato nazionale e dato regionale.

  • Gian Paolo Di Loreto

Lo studio riguarda la presenza di detenuti dipendenti e assuntori di stupefacenti nelle quattro carceri umbre (Perugia, Spoleto, Terni, Orvieto). I dati si riferiscono all’arco temporale 2010-2014, i rilevamenti sono stati effettuati dai SERT locali. È interessante osservare che i detenuti umbri in tutta Italia sono circa cento. Solo una minima parte della popolazione dei penitenziari dislocati in Umbria, quindi, è di estrazione locale.

Il picco della presenza di dipendenti e assuntori di stupefacenti tra i detenuti in Umbria è registrato al 31 dicembre 2011 (402, pari al 24% del totale). Da quel momento e fino a tutto il 2014 (238, 17% del totale) il dato è stato in calo. Orvieto è un caso sui generis, perché ospita pochissimi detenuti, per lo più comuni (83 nel 2014). Si spiega così l’alto tasso di incidenza (37% nel 2014).

Le fasce di popolazione maggiormente rappresentate tra i dipendenti e assuntori di stupefacenti presenti nelle carceri dislocate in Umbria sono quelle tra i 25 e i 34 e tra i 34 e i 44 anni. Seguono quella tra i 45 e i 54 anni e quella tra i 18 e i 24 anni.

Quanto alla classificazione dei detenuti dipendenti o assuntori il dato più interessante, relativo al 31.12.2014, è che mentre a Perugia i presenti sono in maggioranza schiacciante consumatori di eroina (76%) e i poli-abusatori (89%) nelle altre tre carceri quasi uno su due è consumatore di cocaina.

  • Angela Bravi

L’intervento riprende alcuni dei concetti espressi nel seminario del 27 febbraio. Si fa riferimento al tasso di mortalità per overdose da stupefacenti nella Regione (per 100mila abitanti compresi tra i 15 e i 64 anni), paragonandolo al dato italiano. Il confronto in effetti impressiona: nel 2013 i morti per overdose a livello nazionale erano lo 0,9% del totale, a livello umbro il 3,2%.

Occorre rilevare alcuni elementi. Il sistema di rilevamento umbro è molto accurato, rispetto al resto d’Italia, e si serve degli istituti di medicina legale degli ospedali di Perugia e Terni. Il monitoraggio è costante, e ad ampio raggio. Nel resto d’Italia si difetta di accuratezza, e il rilevamento non è omogeneo (spesso è a carico delle Prefetture).

Il picco di morti per overdose in Umbria risale al 2007, quando se ne verificarono 36. È seguito un calo, un nuovo aumento fino al 2011 (26), e un nuovo calo. Il dato più recente è quello del 2013: 18 morti, di cui 14 a Perugia e 4 a Terni.

Gli interventi del 118 per intossicazione acuta hanno seguito negli ultimi anni una curva irregolare. Nel 2013 sono stati 113, dei quali il 46% con codici rossi. Si riscontra una conclamata difficoltà a diminuire l’andamento, nonostante le campagne informative.

Tornando alle morti, alcuni dati specifici. Sono dovute soprattutto ad abuso di eroina o a un poli-abuso, e interessano per lo più individui over 40. Nel 2013 il 94,4% dei morti erano maschi. Quanto alla provenienza degli individui deceduti, la stragrande maggioranza è, ed è sempre stata, umbra: nel 2013 erano il 94,4%, ma il dato non è mai sceso sotto al 75%. Gli stranieri nel 2013 erano l’11%, in calo rispetto al 25% del 2012. Nel 2013 il 72% dei decessi è avvenuto in casa.

Varie le misure suggerite per la prevenzione del danno: ricorrere all’assunzione di metadone, premunirsi del farmaco antidoto Narcan, evitare di isolarsi al momento di assumere droghe, accettare e alimentare un processo di responsabilizzazione propria e delle proprie famiglie.

  • Paolo Eusebi

Relazione sull’incidenza dell’abuso di alcol e fumo sulla mortalità in Italia. Si fa riferimento al concetto di “mortalità attribuibile”: quantità di decessi che sarebbe completamente evitabile se si evitasse completamente l’esposizione della popolazione a un dato fattore di rischio. Secondo l’Istituto superiore di sanità i morti attribuibili all’alcol in Italia sono 20mila all’anno, pari al 3% del totale. Quelli attribuibili al tabacco 85mila, pari al 12% del totale.

In Umbria – negli anni 2010, 2011 e 2012 – i dati sono in linea con quelli nazionali. La rilevazione è stata effettuata basandosi su dati ISTAT e Passi e Passi d’argento. Per l’alcol si tratta di 130 decessi (1,3% del totale). Per il tabacco di 1.200 (12% del totale).

Fabrizia BagozziGiornalista di «Europa», Gruppo Abele
La narrazione giornalistica del fenomeno droga, soprattutto per quanto riguarda il versante del consumo e dell’abuso di sostanze illegali, è fortemente mutata nel corso degli ultimi 20-30 anni. Ma tra operatori del settore e giornalisti il conflitto non è mai venuto meno. Di certo, esistono molteplici ostacoli a una corretta informazione sul fenomeno droghe: un alto tasso di polemica politica; un concetto stesso di droga fortemente ambivalente; un impatto sempre più consistente della letteratura, della cinematografia e delle rappresentazioni televisive del fenomeno. A queste difficoltà si sommano poi i difetti propri del racconto giornalistico, il cui più grande vizio è generalmente quello di decontestualizzare.

  • Stereotipi duri a morire
    Nel racconto pubblico il drogato diventa, nel migliore dei casi, il malato da curare, nel peggiore, il delinquente da sanzionare. Anche le diverse sostanze vengono rappresentate con immagini fortemente stereotipate: l’eroina è il “buco nel cesso pubblico”, mentre la cocaina è “la polvere di stelle”.
  • L’automatismo “droga uguale allarme”
    La narrazione giornalistica del fenomeno droga, soprattutto nel secolo scorso, ha sempre fatto ampio ricorso al concetto di allarme, associandolo in maniera quasi automatica al tema, senza particolari distinzioni tra le diverse sostanze e pratiche di consumo raccontate. Molto utilizzate anche le immagini di dannazione/inferno.
    Da questo punto di vista, l’avvento dell’ecstasy o MDMA alla metà degli anni ‘90, e quindi l’evoluzione degli stili di consumo (droga da discoteca, droga di larghissima diffusione) ha rappresentato uno spartiacque, aprendo a una progressiva accettazione dal basso del consumo di sostanze stupefacenti illegali. L’ecstasy ha in qualche modo svelato che la drammatizzazione del fenomeno droga non sempre corrispondeva alla realtà dei fatti. Questo progressivo cambio di prospettiva porta alla situazione odierna, in cui anche la “destra mainstream” si esprime apertamente per la legalizzazione delle droghe leggere.
  • Maledetti giornalisti?
    Condannare semplicisticamente i giornalisti per la rappresentazione che hanno dato e danno dei fenomeni collegati alla droga è sbagliato. Al tempo stesso, i professionisti dell’informazione dovrebbero provare a costruire “un racconto pubblico meno parziale”. In questo sforzo i nuovi media e i social network in particolare possono rappresentare un’opportunità importante.

RISORSE
L’osservazione costante nel tempo della narrazione giornalistica del fenomeno droga consente di cogliere anche come cambia la lettura sociale del fenomeno.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Serve “un racconto pubblico meno parziale” del fenomeno droga. Per questo i giornalisti dovrebbero provare a contestualizzare maggiormente le notizie. Vanno superati gli “stereotipi duri a morire”

SPUNTI/PROPOSTE
Condannare i “maledetti giornalisti” in maniera semplicistica è sbagliato. Occorre piuttosto un maggiore confronto con i professionisti dell’informazione. Da questo punto di vista i social media possono rappresentare uno strumento importante.

TAVOLA ROTONDA - Il ruolo dei mass-media tra notiziabilità e appropriatezza dell’informazione.
Roberto Segatori – Università di Perugia
Giuseppe Castellini – Direttore del «Giornale dell’Umbria»
Roberto Conticelli – «La Nazione», Ordine dei Giornalisti dell’Umbria
Lorenzo Federici – Radiophonica, Perugiatoday.it
Riccardo Regi – Vicedirettore del «Corriere dell’Umbria»
Vanna Ugolini – «Il Messaggero»
Il professor Segatori mette i relatori di fronte a due questioni di fondo.
La prima: vi siete mai posti il problema di come trattare, nei vostri giornali, il tema della droga, dal punto di vista dei consumatori e del traffico?
La seconda: Perugia ha vissuto male l’enfatizzazione della realtà sui media nazionali, che le ha fatto guadagnare l’etichetta di “capitale della droga”; che opinione avete in merito?

  • Riccardo Regi

Qualche anno fa ci siamo trovati di fronte a una situazione per cui il sindaco in carica, era Renato Locchi, sosteneva che il fenomeno droga non riguardava Perugia perché a morire non erano i perugini ma i forestieri. Un approccio che testimonia la difficoltà di chi amministrava la città a comprendere la realtà, e a farci i conti.

Il «Corriere dell’Umbria» ha cercato di coinvolgere le forze dell’ordine perché ci spiegassero il loro modo di lavorare e vedere la realtà. Li abbiamo invitati in redazione e abbiamo avviato un dialogo fruttuoso.

Abbiamo poi sviluppato insieme alla Provincia un progetto nelle scuole superiori intitolato “Cronache del sabato sera”. Di fatto chiediamo ai ragazzi di raccontarci le loro esperienze. Partendo dalla ricerca di Ambrogio Santambrogio (Una normalità deviante, Morlacchi, 2012) secondo cui i ragazzi sono divisi tra quelli che pensano che tutte le droghe fanno male e quelli che pensano che assumere droghe sia normale.

  • Giuseppe Castellini

Il «Giornale dell’Umbria» in effetti si è occupato più dello spaccio che del consumo di droga. Perché a Perugia e in Umbria questo fenomeno ha avuto delle conseguenze anche politiche. Noi abbiamo sempre cercato di andarci coi piedi di piombo, anche perché abbiamo rilevato che dati e percezioni non coincidono. In ogni caso la nostra scelta è stata per certi versi anche obbligata: ci mancano giornalisti competenti sul tema del consumo di stupefacenti.

Nel giornalismo fa più notizia un albero che cade di una foresta che cresce. Noi proviamo a raccontare anche questa foresta che cresce, quando è possibile. Poi occorre dire che una morte per overdose a Perugia ormai non fa più notizia.

In generale bisogna stare attenti al web, un mare magnum dove non è ancora avvenuta una fisiologica selezione naturale. Circola di tutto, senza filtro. Anche in fatto di droga.

  • Roberto Conticelli

È vero che la «Nazione», chiede Segatori, essendo a livello nazionale una testata di destra, ha voluto creare allarme sociale a discapito delle amministrazioni rosse?

Innanzitutto è vero che la droga non fa più notizia. Da anni. Quanto a noi: no, non abbiamo voluto creare allarme sociale. Semplicemente, cerchiamo di indagare il fenomeno droga attraverso gli occhi della gente che vive nei quartieri, non solo al centro. Riportiamo le loro impressioni.

Il vero problema è il seguente: che fa lo Stato per cercare di arginare il fenomeno droga? Le forze dell’ordine sono eccezionali, ottengono anche risultati brillanti. Ma gli altri gangli dello Stato? Perché non si fa di più per sensibilizzare la società, a partire dalle scuole?

  • Vanna Ugolini

Su tante cose la stampa è indifendibile. Ma sulla questione dello spaccio la stampa locale ha fatto un lavoro di altissimo livello. Tanto che proprio su questo è caduta la giunta Boccali. Si può chiacchierare quanto si vuole, ma la realtà parla chiaro: a Perugia ci sono tanti morti d’overdose.
Noi abbiamo studiato i meccanismi e le ragioni di queste morti. Forse a volte siamo stati sopra le righe, ma è perché per anni la classe politica aveva voluto che tutto rimanesse troppo sotto.

Il problema dello spaccio è complesso. Spesso anche i magistrati non se ne sono fatti bene carico.
Segnalo il Dossier Droga (2014) di Libera e Regione a cura di Fabrizio Ricci e Matteo Tacconi. C’è tutto. è una pietra miliare della letteratura sull’argomento, senza un solo luogo comune.

  • Lorenzo Federici

I ragazzi non si fidano dei giornali perché spesso scrivono cose fuori luogo. Equiparando droghe leggere e pesanti, per esempio. La verità è che in dieci anni a Perugia sono spariti diecimila universitari. Il centro della città ha subito un’evidente desertificazione: gli studenti che parlano con Radiophonica – e lo fanno senza alcun tipo di filtro, il mezzo in questo senso aiuta molto – percepiscono questo prima di tutto. Per la maggioranza di loro il problema droga non esiste. Per loro Perugia non è la capitale della droga.

Su Perugiatoday spariamo titoli forti, perché siamo sicuri di quello che diciamo. Verifichiamo le notizie, poi le diamo con titoli audaci. Sul web funziona così. L’importante è la fondatezza. Rispetto alla droga riceviamo molte segnalazioni ogni giorno. Ma non tutte sono attendibili. Internet è il Far West, bisogna stare attenti e verificare sempre.

  • Roberto Conticelli II

Secondo Giovanni Dozzini, direttore di «Luoghi Comuni», buona parte della stampa locale ha il difetto di non contestualizzare i fenomeni che racconta. Con particolare riferimento alla sicurezza, alla droga e allo spaccio. Perugia, a suo avviso, va sempre valutata senza dimenticare i suoi riferimenti: è una città chiamata ad affrontare opportunità e problematiche proprie di questi tempi nella gran parte del mondo occidentale.

Non credo che contestualizzare sia compito della stampa. I giornali devono raccontare i fatti nudi e crudi, senza interpretazione.

  • Giuseppe Castellini II

A lungo Perugia non ha avuto bisogno del miglior personale dello Stato: era una città tranquilla, spesso prefetti e questori venivano qua a prepensionarsi. Da qualche tempo, quando si è capito che c’era un problema, il vento è cambiato. Ormai da parecchio abbiamo prefetti e questori di alto livello.

Altro punto. Secondo me non è vero che bisogna riportare solo i fatti. Linguaggi e interpretazioni cambiano sempre, da testata a testata. È vero che spesso pecchiamo in quanto a contestualizzazione delle vicende che raccontiamo.

Ultimamente, infine, la comunicazione con le forze dell’ordine si è fatta molto più fluida. Sono molto più ben disposte a dare le notizie e a spiegare.

RISORSE
Maggiore apertura e volontà di comunicazione da parte delle forze dell’ordine.
Iniziative nelle scuole per coinvolgere i ragazzi e farli raccontare le proprie esperienze in prima persona.
Crescita del livello di preparazione e personalità del personale dello Stato in attività a Perugia, prefetti e questori in primis.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Responsabilità della classe dirigente locale che negli anni scorsi ha sottostimato la gravità del fenomeno droga.
Tendenza di parte della stampa locale a non contestualizzare la situazione di Perugia a livello storico e politico-sociale.
Le morti per over-dose ormai non fanno più notizia.
Il web al momento è ancora un Far West: ancora non si è verificata una selezione naturale delle testate attendibili.
Mancanze riscontrate in alcuni gangli dello Stato.

SPUNTI/PROPOSTE
Predisporre iniziative per la sensibilizzazione sul tema su vari fronti, insistendo con le scuole.
Fare sempre maggiore attenzione nel recepire le segnalazioni via web.
I giornalisti locali dovrebbero sforzarsi di non enfatizzare troppo la situazione perugina e umbra, accettando la sfida di un’informazione più completa e che non prescinda dai processi di trasformazione in atto in tutte le società occidentali contemporanee.


Mercoledì 25 marzo 2105

Leopoldo GrossoPsicologo e psicoterapeuta, vicepresidente del Gruppo Abele
Oggi, a un anno dal suo insediamento, non esiste ancora un indirizzo preciso del governo Renzi sulle priorità nell’ambito delle dipendenze. Di certo c’è solo la spending review, che toglie risorse agli operatori del settore. Nel caso del Piemonte, realtà in cui Grosso opera, i tagli hanno portato a un sostanziale blocco del turn-over e a un depotenziamento dei servizi di prevenzione.

  • Prevenzione
    Proprio la prevenzione è il campo in cui sarebbe il caso di lavorare e investire maggiormente, distinguendo bene tra consumo e dipendenza. Due sfere con più diversità che somiglianze. Gli obiettivi primari di chi fa prevenzione sono due: rafforzare l’astinenza in chi non fa uso di sostanze e aiutare i consumatori a un uso consapevole e moderato.
  • Trattamento e cura
    Per quanto riguarda il trattamento e la cura, occorre abbinare l’intervento farmacologico all’intervento psico-sociale. All’utente deve essere proposta una progettualità ampia, in grado di restituirgli fiducia e senso. Quanto alla riduzione del danno, bisogna ripartire dal carcere, intercettando i tossicodipendenti e seguendoli nel loro percorso di rinserimento nella società.
  • Il ruolo della cittadinanza attiva nel contrasto dello spaccio
    Quanto al contrasto dello spaccio, le forze dell’ordine non devono essere lasciate sole. La legalità è un bene comune, il ruolo della cittadinanza attiva è fondamentale.

RISORSE
La grande esperienza dei SERT e di tutti gli operatori socio-sanitari consente di calibrare approcci e interventi mirati, anche a dispetto del continuo calo di fondi a disposizione.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Su tutti i tagli continui.

SPUNTI/PROPOSTE
Occorre investire nella prevenzione, e offrire all’utente una progettualità ampia. Rispetto al contrasto dello spaccio è fondamentale il ruolo della cittadinanza attiva.

Capitano Pierluigi GiglioComandante Nucleo investigativo reparto operativo Carabinieri
Per affrontare il problema della droga è necessaria una serie di interventi multidisciplinari.

  • Il caso Umbria: non esistono organizzazioni criminali strutturate
    Un’analisi fattuale del fenomeno della droga in Umbria e a Perugia conferma un fortissimo radicamento di gruppi criminali alloctoni, mentre smentisce la presenza di organizzazioni criminali strutturate. Niente associazioni a delinquere ex articolo 74 del Codice Penale, se non in casi eccezionali. Principalmente si tratta di concorso in spaccio.
    Il 40,8% degli arresti effettuati in Umbria nel 2014 riguarda lo spaccio, appunto, mentre numerosi sono anche quelli per furti e rapine, che spesso allo spaccio sono legati. Gli spacciatori perugini, in particolare, sono solitamente anche consumatori. Prima compiono furti o rapine per procurarsi denaro che poi investono in stupefacenti, destinati in parte allo spaccio e in parte all’uso personale.
  • Assuntori e morti per overdose? Quarantenni, non ventenni. E spesso forestieri
    Quanto agli assuntori, i dati evidenziano che il problema droga non riguarda la categoria degli studenti universitari, né per il consumo né per le overdosi. La quasi totalità delle morti per overdose verificatesi a Perugia nel 2014 (15 su 18) riguardano persone tra i 40 e i 45 anni. Dipendenti di lungo corso, non di rado, peraltro, provenienti da regioni limitrofe. L’Umbria subisce il fenomeno droga soprattutto perché lo stesso territorio (così come le sue dinamiche sociali) favorisce l’ingresso di soggetti da regioni limitrofe che arrivano a Perugia, e soprattutto nel centro storico e in certe particolari periferie, per comprare eroina.
  • La realtà di Perugia non è eccezionale. Le rappresentazioni dei media sono sensazionalistiche
    Nonostante le rappresentazioni sensazionalistiche dei media locali e nazionali la realtà di Perugia riflette dinamiche compatibili con quelle di altre città di dimensioni simili, come Padova, Vicenza, Padova o Piacenza. Il centro storico è una piazza della droga perché è molto popolato dagli studenti universitari: gli spacciatori danno appuntamento lì per dare meno nell’occhio.
  • Il problema degli affitti in nero
    Altra criticità è data dal problema degli affitti a soggetti dediti allo spaccio. L’emorragia di iscritti alle università perugine ha portato molti proprietari di immobili ad affittare i propri appartamenti a extracomunitari senza un’occupazione dichiarata e spesso senza documenti. I proprietari non esercitano un controllo che sarebbe necessario.
  • Altri danni dei media: i cittadini, spaventati, non denunciano
    Le distorsioni dei media, infine, scoraggiano i cittadini che sarebbero orientati a fare segnalazioni alle forze dell’ordine. La presunta presenza di pericolose e potenti organizzazioni criminali è un forte deterrente: per paura di ritorsioni i cittadini non si espongono.

RISORSE
Le analisi fattuali sono molto accurate, e le forze dell’ordine hanno una percezione dettagliata della situazione dello spaccio in Umbria e a Perugia. Si conosce bene la tipicità del territorio: non ci sono grandi organizzazioni criminali, ma molte piccole associazioni che si dividono fette di mercato anche molto ridotte.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Enfatizzazione della realtà da parte dei media. I cittadini, spaventati dall’allarme su presunte potenti organizzazioni criminali, rinunciano a segnalare situazioni sospette. Molti proprietari di immobili affittano i loro appartamenti a extracomunitari senza lavoro, spesso in nero, e senza esercitare alcun controllo. Il territorio perugino accoglie molti tossicodipendenti dalle regioni limitrofe.

SPUNTI/PROPOSTE
Occorre avere una visione fondata della realtà. La stampa non dovrebbe enfatizzare problemi che sono propri di altre città compatibili per dimensioni e caratteristiche a Perugia. È necessario il contributo della cittadinanza per segnalare le situazioni a rischio, così come un maggiore senso di responsabilità dei proprietari di immobili in affitto.

Rossella CarroliUfficio scolastico regionale
Rossella Carroli si occupa di educazione alla salute nell’ambito dell’Ufficio scolastico regionale, che negli ultimi anni ha sviluppato due diversi percorsi sul tema. L’ultimo, un protocollo di intesa firmato insieme alle principali istituzioni del territorio (Regione, Asl, Cesvol), si è concluso nel 2014.

Le nuove sfide nella scuola
Il complesso delle scuole superiori del Perugino è quello più problematico della regione. Per l’immediato è possibile individuare tre esigenze particolari: pensare a un nuovo ruolo per i professionisti sanitari, non più leader nei processi di salute a scuola ma consulenti; pensare a un nuovo ruolo per gli insegnanti, che devono rivedere la propria preparazione sull’approccio agli studenti stranieri; ricostituire la rete delle scuole (fino al 2014 c’erano tutte le scuole di Perugia; ora ci sono stati degli accorpamenti, dei cambiamenti).

Ripartire da quello che s’è fatto
Serve un approccio globale che consideri l’ambiente scolastico come un luogo di benessere fisico e sociale. Occorre sviluppare competenze individuali di resilienza, coinvolgendo gli studenti, a partire dalla consulta degli studenti medi, e costringere i dirigenti scolastici a elaborare una programmazione condivisa. Soprattutto è necessario insistere, riprendere il protocollo e rielaborarlo, tenendo conto delle esperienze pregresse e mettendole a sistema.

RISORSE
Esperienza pluriennale dell’Ufficio scolastico regionale e dei singoli istituti sul tema dell’educazione alla salute.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Nel 2014 si è interrotto l’ultimo progetto inter-scolastico sull’educazione alla salute. Riprendere i fili sarà faticoso, visti i continui cambiamenti nell’organizzazione dei singoli istituti. I ruoli del personale coinvolto vanno rivisti.

SPUNTI/PROPOSTE
Bisogna insistere e ricostituire la rete attiva fino al 2014, forzando i dirigenti scolastici a una programmazione condivisa, e coinvolgendo il più possibile gli studenti.

Gian Paolo Di LoretoOsservatorio epidemiologico regionale
Nella sua azione di contrasto alle dipendenze la Regione parte dai pilastri dell’Osservatorio sulle Tossicodipendenze di Lisbona, con particolare riferimento a prevenzione, trattamento e riduzione del danno. Dal 2007 la Regione ha attivato una serie di azioni a largo raggio di prevenzione e riduzione del danno, oltre ad altre azioni mirate a implementare la conoscenza dei fenomeni, basate soprattutto su un’analisi capillare della mortalità per overdose. Esito di queste azioni è la serie di report sulle morti per overdose. La sicurezza deve essere sempre più vista come un sistema integrato di azioni, per il contrasto e per il controllo sociale diffuso, fatto soprattutto dai cittadini in prima persona.

  • Conoscenza dei fenomeni e prossimità
    È molto importante valutare i fenomeni e i loro cambiamenti. Le sostanze e le modalità di consumo sono in continuo mutamento. Fino a qualche tempo fa, soprattutto a Perugia, il consumo era legato soprattutto all’eroina, ora ci troviamo per lo più di fronte a un poli-consumo.
    Uno degli elementi cardine, per la Regione, è quello della prossimità. Prezioso è il lavoro degli operatori di strada, che hanno affinato il loro sapere, e rappresentano non solo un’operatività costante e interpretativa, ma danno anche un giusto feedback che consente di cambiare ove possibile le strategie di intervento. I report dell’Unità di strada sono davvero importantissimi.
  • Prevenzione primaria e selettiva
    Fondamentale è anche pensare a una prevenzione articolata. La prevenzione primaria tra i giovani, innanzitutto. Le ricerche più aggiornate ci dicono che non serve dire che la droga fa male. È giusto dare una corretta informazione, ma soprattutto bisogna dire ai giovani che hanno potenzialità da esprimere. Poi una prevenzione selettiva: grazie al lavoro degli operatori di strada possiamo capire quali sono i gruppi a rischio.
  • L’attività in carcere
    La Regione svolge anche un’importante attività in carcere. Negli ultimi anni il numero dei detenuti tossicodipendenti è diminuito, ma non bisogna abbassare la guardia. Soprattutto occorre stare attenti alla fase di uscita, che spesso rappresenta un momento critico per il rischio overdose.

RISORSE
La Regione ha puntato molto sulla prossimità, grazie al lavoro dell’Unità di strada, sulla prevenzione articolata e sullo studio dei fenomeni.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
Il fenomeno delle dipendenze è in continuo mutamento. È necessario non limitarsi a informare i giovani sulla dannosità della droga, e avere particolare attenzione per i detenuti tossicodipendenti all’uscita dal carcere.

SPUNTI/PROPOSTE
Il sistema di comprensione e intercettazione del fenomeno deve essere un sistema integrato, in cui più soggetti, istituzionali o no, fanno la loro parte.

CONCLUSIONI - Leopoldo Grosso
Nel mercato dello spaccio in Umbria sembra di poter individuare una piramide con la ‘Ndrangheta al vertice, la Camorra o altri gruppi di estrazione meridionale sul gradino inferiore e le criminalità cosiddette allogene (soprattutto di origine nigeriana) ancora più giù. Infine, all’ultimo stato, ci sono i pusher, quelli che stanno in piazza.

È interessante capire perché l’Umbria è un tale elemento di attrazione per i forestieri. Per il rapporto tra prezzo e purezza? Per motivi culturali legati alla tradizione? Oppure?

Coi pusher occorre non solo un lavoro di repressione, ma anche predisporre progetti di fuoriuscita dallo spaccio.

I morti per overdose sono soprattutto dipendenti conclamati.

Necessità di programmazione condivisa sull’educazione alla salute tra i dirigenti scolastici.

TAVOLA ROTONDA. Il sistema territoriale dei servizi per le dipendenze
Claudio Bezzi – Sociologo (coordinatore della tavola rotonda)
Stefano Goretti – SERT Perugia
Elisabetta Rossi – Dipartimento salute mentale
Emidio Gubbiotti – Comunità terapeutiche
Luigina Nicolussi – Unità di strada
Adelina Trotta - Servizi Sociali Comune Perugia
Giovanna Buccoleri – Servizio Psicologico Giovani
Erminia Battista – Rete promozione della salute
Luciano Bondi – Servizio di Alcologia
Nicoletta Vinti – Informagiovani e politiche giovanili Comune Perugia
Il professor Bezzi pone al centro del dibattito la questione della rete tra i servizi richiamando una ricerca da lui condotta nel 2013 (si veda a proposito il dossier La droga in Umbria, 2014) con focus group tra gli operatori, dalla quale emergeva con evidenza che «tutti parlano della rete, ma questa è a maglie larghe, piena di buchi e fortemente SERT centrica». Una rete «più di persone (rapporti personali) che di servizi», per questo condizionata dalle “iniziative personali” degli operatori.

  • Elisabetta Rossi

Il Dipartimento di Salute Mentale della ASL Umbria 1 conta 8 Centri di salute mentale, collegati alla rete del privato sociale. Si tratta di servizi che non hanno un terminale ospedaliero e per questo la rete è fondamentale. L’elemento cardine dal quale partire è che non c’è salute se non c’è salute mentale e la salute mentale la si fa, appunto, con un lavoro di rete tra sociale e sanitario.
La rete è però soprattutto un modo di pensare. Da questo punto di vista un primo passo da compiere è quello di costruire una rete specifica sull’adolescenza. Molto importante, ma anche molto debole e da implementare, è pertanto il lavoro con la comunità delle scuole per un intervento appropriato su ragazze e ragazzi.

  • Emidio Gubbiotti

L’esperienza della comunità Cast Assisi Onlus è molto significativa. La struttura ospita 112 persone, ovvero circa un terzo delle 348 complessivamente ospitate da strutture analoghe in Umbria, ed è chiamata ormai a occuparsi non solo di “recupero” di tossicodipendenti, ma anche di “gestione e contenimento”. La necessità di una rete più strutturata, costante e non occasionale, che si attivi con un meccanismo automatico, è avvertita con forza. Anche il sistema del privato sociale e delle comunità terapeutiche si sta adoperando per divenire a sua volta una rete, e il numero esiguo di strutture da questo punto di vista è di aiuto. Si avverte però la necessità di maggiori investimenti sulla prossimità territoriale, di condividere maggiormente i metodi di approccio e di avere più spazio di proposta nelle sedi istituzionali, contribuendo anche alla stesura dei progetti e alla rivisitazione delle norme.

  • Stefano Goretti

Il ruolo del SERT è cambiato radicalmente nel corso degli ultimi 30 anni: da luogo di semplice distribuzione di metadone per eroinomani a punto di raccolta non più “della tossicodipendenza”, ma “delle tossicodipendenze”, intese come tante esperienze individuali che portano problematicità variegate, tra le quali spesso la dipendenza dalla sostanza non è più nemmeno la principale. Spesso le persone arrivano al SERT chiedendo lavoro o un aiuto economico. Nel frattempo, il consumo di eroina e soprattutto cocaina si accompagna sempre più a una ricerca di normalità, per stare dentro i ritmi della quotidianità. Sono infatti sempre meno richiesti inserimenti nelle comunità terapeutiche, perché gli utenti hanno una loro vita sociale e non accettano di abbandonarla. Da questo punto di vista il fare rete diventa fondamentale per poter considerare il territorio come comunità. Una rete fatta a sua volta da tante altre reti quante sono le criticità specifiche che si incontrano quotidianamente: poli-consumo (per esempio il passaggio da eroina ad alcol, che richiede uno stretto rapporto con Alcologia e Malattie Infettive); gravidanze e maternità; disoccupazione; dipendenza tra gli ultra sessantenni. Dunque l’idea è quella di una “rete delle reti”, da costruire anche attraverso i rapporti personali e informali.

  • Erminia Battista

Il fenomeno delle dipendenze si inserisce in una riflessione più complessiva sul deterioramento degli stili di vita della comunità nel suo insieme. Allora la domanda è: cosa può fare la sanità pubblica per invertire questo trend? Può costruire una rete della salute, attraverso la progettazione partecipata, per passare dalla “patogenesi” alla “salutogenesi”, ovvero alla ricerca delle cause, o meglio, delle fonti della salute e delle strategie per potenziare le risorse generali di resistenza degli individui. Il modello proposto è quello dei MAPPS (moltiplicatori dell’azione preventiva per la promozione della salute), ovvero tutti quei soggetti sociali che sono potenzialmente in grado di promuovere la salute nella comunità. Soggetti che, appositamente formati (team multidisciplinari per una mescolanza di saperi e non un travaso di conoscenze), possano fungere da cassa di risonanza che amplifica il messaggio nella popolazione.

  • Nicoletta Vinti

Uno degli obiettivi del servizio Politiche giovanili del Comune di Perugia è quello di far emergere, attraverso la promozione di attività di benessere, i valori positivi delle nuove generazioni, in una città che ha visto i giovani troppo spesso relegati a un ruolo negativo. Strumento importante per questo scopo è il Forum regionale giovani, che aggrega 60 associazioni giovanili con oltre 59mila iscritti. Molto importante anche il lavoro svolto da Informagiovani (piazza del Melo e via Settevalli). Si punta con convinzione sulla metodologia della peer education.

  • Luciano Bondi

Il servizio di alcologia della ASL 1 si occupa del trattamento degli alcolisti, ma anche di persone in difficoltà per il consumo di alcolici. Per sua natura è un servizio che può lavorare ed essere efficace solo se inserito in un’ottica di rete. Nel solo distretto perugino, su una popolazione tra i 18 e 65 anni di circa 120mila persone, 30mila persone sono a rischio rispetto al consumo problematico di alcolici, mentre circa 3mila sono ad “alto rischio”. C’è una larga fascia di consumo problematico che però non accede al servizio e andrebbe incentivata. Di qui l’esigenza di rafforzare la rete mettendo a disposizione professionalità e competenza. Tra le principali esigenze avvertite dal servizio c’è quella di una forte integrazione tra pubblico e privato e con i gruppi di auto aiuto. È importante inoltre lavorare con la scuola.

  • Giovanna Buccoleri

Il Servizio psicologico giovani è un servizio di recente costituzione, destinato in maniera specifica a ragazzi e ragazze tra i 14 e i 27 anni dell’area del Perugino. Proprio per questa sua caratteristica, è fondamentale il rapporto con scuole e università. Attualmente, il Servizio psicologico giovani, costituito da psicologi e psicoterapeuti che già da anni lavoravano nei vari servizi della rete, ha 169 utenti in trattamento, dei quali 106 sono universitari. Si basa sull’autoriferimento, quindi si attiva su richiesta dei ragazzi. Non c’è mai un approccio diretto legato all’uso di sostanze, anche se questo emerge nel corso del lavoro psicologico a seguito di un’attenta ricerca del terapeuta. Per quanto riguarda il tema della rete, si sottolinea la necessità di una “mente di gruppo” e di una “reale progettazione condivisa”. Al tempo stesso, è fondamentale “eliminare i rami secchi” e gli “interventi inefficaci”.

  • Adelina Trotta

I Servizi sociali sono parte della rete che il Comune di Perugia ha costruito negli ultimi 10 anni. I servizi operano in collaborazione stretta con il Terzo Settore, con un’attenzione particolare ai servizi per il sostegno alla genitorialità e al lavoro di cura nei confronti dei componenti fragili della famiglia. Sul territorio operano gli Uffici della Cittadinanza, con azioni di informazione e consulenza e sostegno alla famiglia e alla sua funzione educativa. Molto importante la collaborazione con tutte le risorse presenti sul territorio che si interfacciano in particolare con le fasce giovanili, quindi scuole e associazioni in primis. C’è poi un servizio specifico rivolto alle persone adulte in difficoltà che è il servizio di accompagnamento al lavoro. Per quanto riguarda nello specifico il contrasto alle dipendenze, il Comune ha collaborato con i servizi sanitari alla implementazione dei servizi a bassa soglia, mettendo a disposizione le sedi per il CABS, il gruppo appartamento Pindaro, due mense per il ristoro sociale, uno spazio per il ristoro notturno e il pronto intervento sociale con la sua unità mobile. Per quanto riguarda il tema della rete, si sottolinea la necessità di “curare le reti esistenti”.

  • Luigina Nicolussi

La cooperativa Borgo Rete gestisce da molti anni in collaborazione con ASL e Comune di Perugia i servizi di prossimità. La bassa soglia si colloca dove c’è un consumo attivo di sostanze, che nell’80% dei casi è problematico, e lavora, quindi, con la marginalità, quella stessa fetta di popolazione che nel territorio crea poi allarme sociale. Un aspetto fondamentale del fenomeno dipendenze da tenere in conto è il poli-consumo, che comporta necessariamente per tutti i servizi la necessità di riformulare il proprio approccio. È necessario poi recuperare i saperi sulle sostanze, sui luoghi di consumo, sui cambiamenti del mercato, anche in un’ottica di prevenzione delle overdose, e questo è possibile attraverso un coinvolgimento degli stessi consumatori. L’intervento repressivo, che è giusto che ci sia, deve però tenere conto dei rischi che può determinare. Per quanto riguarda la rete dal punto di vista del privato sociale, questa, ad oggi, non esiste. Lavoriamo soltanto attraverso conoscenze e rapporti personali. Lavorare in rete vuol dire avere obiettivi condivisi e mantenere l’integrità degli utenti che accedono ai servizi e che oggi invece vengono parcellizzati (ogni servizio fa un pezzetto). Serve un soggetto che coordini il percorso di costruzione di una vera rete, sul modello dei tavoli di concertazione. In particolare, il nostro obiettivo primario è quello di ridurre la mortalità per overdose, ma questo deve essere un obiettivo della cittadinanza tutta. Da questo punto di vista un’ipotesi di collaborazione concreta con le forze dell’ordine potrebbe avvenire sull’analisi delle sostanze che viene da loro effettuata e che ci consentirebbe di accrescere notevolmente il nostro grado di conoscenza di quello che sta girando su piazza e di poter quindi dare indicazioni ai consumatori per prevenire la mortalità. Altro esempio: le scarcerazioni protette. Molte volte ci troviamo con ragazzi scarcerati con terapie farmacologiche importanti, che però al momento della scarcerazione non accedono automaticamente ai servizi.

RISORSE
Otto centri si salute mentale collegati alla rete del privato sociale. Non c’è salute se non c’è salute mentale. Il sistema del privato sociale e delle comunità terapeutiche si sta adoperando per divenire rete e il numero esiguo di strutture operanti in Umbria è da questo punto di vista di aiuto. Forum regionale giovani con oltre 59mila iscritti e Informagiovani: due strumenti importanti per promuovere il benessere dei giovani. Esperienze molteplici maturate nel corso degli anni.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
La rete tra i diversi soggetti appare poco strutturata e occasionale. Si sottolinea la necessità di una “mente di gruppo” e di una “reale progettazione condivisa”. Per analizzare il fenomeno delle dipendenze servirebbe una riflessione più complessiva sul deterioramento degli stili di vita della comunità nel suo insieme.

SPUNTI/PROPOSTE
Tenere sempre presente il fenomeno del poli-consumo, che comporta una rivisitazione di tutti i servizi. È necessario recuperare i saperi e le conoscenze sulle sostanze, sui luoghi del consumo e sui cambiamenti del mercato, anche attraverso un coinvolgimento degli stessi consumatori. Maggiori investimenti sulla prossimità territoriale. Far emergere i valori positivi delle nuove generazioni. Puntare con convinzione sulla metodologia della peer education. È importante inoltre lavorare con la scuola.

TAVOLA ROTONDA. Il ruolo delle associazioni
Jean Luc Bertoni – Titolare di “Bertoni editore” e direttore artistico del Centro Minerva
Pietro Tullio – Associazione Fiorivano le viole
Tito Antonuccio – Consulta provinciale studentesca di Perugia
Stefano Rufini – Università di Perugia e CONI Umbria
Erica Picottini – Segreteria del Coordinamento Oratori Perugini
Stefania Ceccotti – Cesvol (Centro Servizi Volontariato della Provincia di Perugia)
Elisabetta Proietti – Libera Umbria
Arianna Tei – Centro Servizi Giovani
Nadia El Mouttaki, Daniel Anitei, Roberta Carioti - Social Nets Kids
Dramane Diego Waguè – Assessore alla Partecipazione e all’Associazionismo del Comune di Perugia
Jean Luc Bertoni fa un’introduzione sull’importanza rivestita dalle realtà associative nell’intercettazione delle microproblematicità inerenti le diverse comunità territoriali.
La teoria sociologica delle “finestre rotte” si fonda sul principio per cui sia l’investimento di risorse umane e finanziarie, e non l’attuazione di misure repressive, a permettere un processo di “bonificazione civica e sociale”. Attori principali di questa riqualificazione sono le associazioni di quartiere, come Fiorivano le viole, che contribuiscono alla prevenzione del fenomeno della tossicodipendenza fornendo ai giovani la possibilità di usufruire di attività alternative.

  • Pietro Tullio

Fiorivano le viole organizza con una certa frequenza degli incontri collettivi su temi come il recupero di spazi, sia interni che esterni. Per riuscire in questo processo è necessario porre le basi per un dialogo tra diversi soggetti, e soprattutto muoversi, fare. Penso che questa sia la cosa più rilevante.

  • Tito Antonuccio

La Consulta non è strutturata per affrontare direttamente il problema delle dipendenze, ma ciò non toglie che si trovi a osservare da fuori problemi come lo spaccio e il consumo di stupefacenti. La nostra risposta, in tal senso, è la promozione di uno stile di vita sano. Il motivo per cui si giunge all’assunzione di droga è, secondo noi, la minimizzazione della gravità di questo problema. Tuttavia, per indurre a una certa consapevolezza non bisogna dire ai ragazzi che la droga fa male, ma dargli delle alternative, offrendo attività come laboratori di poesia, sport e musica.

  • Stefano Rufini

Il lavoro del Coni è stato quello di recarsi alle scuole elementari, medie e superiori parlando coi ragazzi delle dipendenze da alcolici e droga. Non abbiamo, però, affrontato la questione riportandone semplicemente gli effetti negativi o usando argomentazioni moralistiche, ma avanzando delle questioni in modo provocatorio, stimolandoli a riflettere.

Erica Picottini
Gli oratori sono nati in Umbria una decina di anni fa, per rispondere a una richiesta della comunità. Le nostre competenze specifiche non si rivolgono all’accoglienza dei giovani con problemi legati alle dipendenze, però svolgiamo una funzione sociale attraverso le attività laboratoriali e ai grest, dove quest’estate abbiamo accolto tremila tra bambini e ragazzi.

Stefania Ceccotti
Dal ’98 il Cesvol ha costituito una rete di collaborazione con diverse associazioni, che si è riunita intorno a diversi “tavoli tematici” da cui sono emersi un buon numero di progetti, riducendo la frammentarietà dei servizi e delle attività svolte sul territorio. In questo modo si evita di disperdere le risorse e le competenze, condensando i risultati dei processi messi in atto.

  • Elisabetta Proietti

Libera Umbria ha sostenuto la realizzazione del dossier presentato da Fabrizio Ricci sul fenomeno dello spaccio di stupefacenti all’interno della nostra regione, un lavoro che si pone non come uno studio statistico, ma come una fotografia del fenomeno. Da vent’anni Libera mette in luce il rapporto, di solito omesso o sottovalutato, che lega la presenza della criminalità organizzata al traffico di droga in Umbria. I progetti di Libera che coinvolgono le scuole prevedono l’educazione a un approccio critico, che aiuti a mettere in relazione i fenomeni, come ad esempio gli effetti inquinanti che lo spaccio di droga ha sull’economia regionale.

  • Arianna Tei

Il Centro Servizi Giovani lavora insieme ai ragazzi. Il nostro non è un intervento “tecnico”, mirato a combattere il fenomeno della tossicodipendenza, ma attraverso la formazione e la collaborazione con associazioni come Fuori dalle Scatole abbiamo avuto degli esiti molto positivi. La “Peer education” – cioè la formazione di ragazzi che, da pari, formano altri ragazzi, che noi favoriamo tramite progetti come S.PE.S. – secondo noi è fondamentale per coinvolgere attivamente i ragazzi in attività produttive e ricreative.

  • Social net kids

Il progetto Social net kids è diretto alla promozione del benessere, del divertimento e della vita sociale dei giovani di tutta Italia. L’obiettivo del peer to peer è la formazione e l’ascolto alla pari, che noi attuiamo grazie alla comunicazione sui social network. Nel 2013 abbiamo aperto una pagina Facebook che è diventata una vera e propria piazza virtuale, nella quale ogni lunedì e giovedì teniamo le nostre chat, nate inizialmente come punti di ascolto e oggi diventate rubriche periodiche incentrate sui temi più disparati.

  • Dramane Diego Waguè

Il Comune si sta impegnando ad abbattere il problema dello spaccio cercando una linea precisa sulla questione sicurezza. È necessario che si comprenda, però, che la città non è dell’amministrazione, ma della cittadinanza. Vi è quindi una responsabilità diffusa, che comporta la ricerca di soluzioni da parte dell’intera collettività. Ad esempio, ogni volta che le forze dell’ordine svuotano uno spazio, arrestando degli spacciatori, è necessario riempire quei luoghi con contenuti e attività. Per quanto riguarda la lotta alla tossicodipendenza è fondamentale partire dalle scuole, per educare a un comune senso civico e fornire dei valori solidi.

RISORSE
Il fermento delle numerose associazioni territoriali, che attraverso il loro lavoro coinvolgono dal basso la cittadinanza e si pongono come interpreti delle necessità della comunità.
L’organizzazione di attività ricreative, educative e formative a cui i ragazzi partecipano attivamente.
La proposta di stili di vita alternativi e salutari.

BISOGNI/PROBLEMATICITÀ
L’individuazione di un approccio formativo che produca degli effetti positivi sulla comunità di giovani.
L’accorpamento delle attività e dei progetti volti a incrementare la consapevolezza dei giovani rispetto a certe problematiche, riducendo la frammentarietà di queste proposte.
L’attuazione di un’indagine approfondita sulle modalità con cui i giovani studenti giungono all’assunzione di sostanze stupefacenti, per trovare la risposta più adatta alla risoluzione di questo fenomeno.

SPUNTI/PROPOSTE
La costituzione di una rete di cooperazione, tramite cui condividere il patrimonio di risorse umane e finanziarie, le competenze e le esperienze degli enti interessati a ridurre il fenomeno della tossicodipendenza.